Chi dorme non piglia... freddo
Gli animali che non sono migrati in un luogo più caldo affrontano i rigori invernali che portano freddo e carenza di cibo con il letargo, che in realtà non è un lungo sonno ma uno stato straordinario in cui il corpo è spento. Gli animali entrano infatti in uno stato di quiescenza: le funzioni vitali si riducono al minimo, la pressione del sangue cala drasticamente, il battito cardiaco diminuisce fino a pochi battiti al minuto, il respiro diventa lento e irregolare, il metabolismo si riduce e la temperatura corporea si abbassa fino quasi al congelamento (può arrivare anche a 5°C). Il letargo rappresenta una strategia di sopravvivenza a condizioni ambientali difficili (molto freddo ma anche molto caldo), l'unica possibile per diversi mammiferi, rettili, anfibi, insetti e perfino qualche uccello. Fondamentale per tutti è la preparazione, che avviene durante l'estate e l'autunno: senza un riparo sicuro e confortevole e le adeguate scorte di cibo e di grasso gli animali non riusciranno ad superare l'inverno. Durante il letargo, l'orso ha una temperatura corporea che non scende di molto e le sue funzioni fisiologiche, seppur ridotte, si svolgono normalmente, tanto che le femmine sono persino in grado di mettere al mondo e allattare 1 o 2 cuccioli. Ma c'è di più: pare che gli orsi neri (Ursus americanus) abbiano una straordinaria capacità di guarire da soli durante il letargo.
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Pur vivendo tutta la propria vita sopra i 1.500 metri di altitudine, sopravvivere ai lunghi e gelidi inverni è molto difficile. Le marmotte delle Alpi (Marmota marmota), vere esperte in materia, iniziano a prepararsi al letargo già a settembre con una fase di "preibernazione", riaprendo e ripulendo le profonde tane invernali, foderandole di fieno e rimpinzandosi di cibo per accumulare le riserve lipidiche necessarie a superare l'inverno. Richiuso l'ingresso della tana con un tappo di paglia, terriccio e rametti, la marmotta, accanto al resto della sua famiglia, cade in un sonno profondo che può durare anche sei mesi, interrotto solo di tanto in tanto per le necessità fisiologiche. Per sopravvivere attinge alle riserve di grasso accumulate durante l'estate. Durante lo stato di ibernazione si compie un incredibile cambiamento fisiologico: la temperatura corporea scende da 35 a 5 gradi, il cuore rallenta da 130 a 15 battiti al minuto e la respirazione diviene appena percettibile. Tocca alla marmotta dell’Alaska (Marmota broweri) e allo scoiattolo artico (Spermophilus parryi) il record del letargo più lungo: per loro il sonno invernale dura 8-9 mesi l’anno.
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Il suo nome scientifico è Moscardino avellinario, ma un pò per le sue dimensioni ridotte e un pò per il cibo di cui è ghiotto viene spesso chiamato nocciolino. Questo piccolo roditore, diffuso in Europa e in Asia, cade in un sonno profondo per un lungo periodo, che varia molto in base al clima e alle latitudini. In Italia per esempio va in letargo tra novembre e aprile, anche se nel clima mediterraneo il moscardino non ha bisogno di un vero e proprio periodo di ibernazione, quanto di un torpore interrotto da risvegli che durano alcune ore. Per prepararsi al letargo fa una grande scorta di energia, abbandonando la sua dieta vegetariana per fare incetta di cibi altamente proteici come insetti e larve che gli permettono di passare dai 17 grammi di peso dei mesi estivi ai 27 grammi in ottobre. Infine si rintana nel suo nido invernale costruito tra i cespugli con cortecce, foglie, muschio, erba, talvolta in compagnia di altri individui, e si addormenta acciambellandosi su sé stesso, per limitare il più possibile la dispersione del calore corporeo.
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Se c'è un animale che per antonomasia si aggiudica il titolo di re dei dormiglioni è il ghiro (Glis glis). Eppure non è l'unico ad andare in letargo e nemmeno quello che dorme per più tempo. Ma allora perchè si dice dormire come un ghiro? Probabilmente per un insieme di motivi: oltre al lungo e profondo sonno invernale - il letargo dura solitamente sei/sette mesi - il ghiro è un animale che dorme di giorno ed è attivo di notte, per cui a noi sembra che dorma sempre. Non solo: quando dorme, emette un caratteristico rumore molto simile a una persona che russa, con tanto di fischio (ascoltalo in questo video come russa durante il letargo). Di aspetto molto simile allo scoiattolo, il ghiro durante l'autunno accumula nella tana le provviste vegetali che gli permetteranno di superare il lungo sonno invernale e che consumerà nei suoi brevi risvegli. Al contrario dello scoiattolo però, che non va in letargo e vive prevalentemente sugli alberi, il ghiro dorme un sonno profondo e non si preclude la possibilità di trovare una tana in posti "alternativi" rispetto alle cavità degli alberi: buchi nel terreno, vecchi nidi abbandonati, grotte, fessure di muri e rocce, casette per uccelli, ma anche sottotetti e soffitte, tutti rifugi che gli assicurano la giusta protezione da freddo e umidità.
Buffo, furbo e agilissimo lo scoiattolo (fam. Sciuridae) all'avvicinarsi dell'inverno fa incetta di cibo. Ma al contrario dei suoi cugini ghiri, questo simpatico roditore in inverno non cade in letargo, ma si adatta alla rigidità del clima modificando il suo stile di vita. In estate e autunno inizia a immagazzinare una grande quantità di cibo in diversi depositi sotterranei, lasciandone alcuni vuoti per depistare eventuali ladri di cibo. All'arrivo dei primi freddi si ritira in un nido all'interno dei tronchi rivestito di foglie dove trascorre l'inverno dormendo, senza tuttavia cadere in un sonno profondo, ma rimanendo in una sorta di dormiveglia dal quale si risveglia molto spesso per uscire e andare a prelevare le provviste nascoste nei vari depositi. Ma come fa a ritrovarle? Grazie al suo olfatto prodigioso che gli permette di localizzare il cibo a distanza. Alcune specie come lo scoiattolo rosso americano (Tamiasciurus hudsonicus) riescono a ritrovarlo anche sotto 4 metri di neve.
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L'inverno è una stagione difficile anche per i ricci (Erinaceus): il rivestimento spinoso che li protegge così bene dai nemici non riesce a difenderli dal freddo. Per sopravvivere alle basse temperature e alla scarsità di cibo, al sopraggiungere dei primi freddi attivano allora la modalità risparmio energetico, ossia cadono in letargo riducendo drasticamente il loro metabolismo, il battito cardiaco, la frequenza della respirazione e la temperatura (da 37°C a 5°C).
Nonostante l'attività corporea sia ridotta al minimo, durante i 5-6 mesi di sonno profondo il piccolo animale arriva a perdere il 15% del suo peso autunnale, ragion per cui alla fine dell'estate il riccio deve abbuffarsi con cibo molto nutriente per raggiungere un buon peso di partenza. Quando si avvicina l'inverno, l'animale tappezza il nido con foglie e erba secca e si appallottola su se stesso sprofondando in un sonno lungo un intero inverno.
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Tenebrosi ed evocatori di significati simbolici, spesso protagonisti di superstizioni e false credenze popolari, i pipistrelli sono mammiferi davvero unici: non solo hanno ali per volare e comunicano attraverso gli ultrasuoni, ma anche il loro sistema riproduttivo è davvero singolare. Verso la fine dell'estate avviene l'accoppiamento, dopodiché le femmine trattengono all'interno dei genitali lo sperma del maschio fino alla fine del letargo invernale. Al loro risveglio in primavera, il liquido seminale si riattiva raggiungendo gli ovuli ora maturi. Le femmine feconde si riuniscono quindi in gruppi e raggiungono luoghi tranquilli dove partorire, in estate, il loro unico piccolo. Come per la nascita dei cuccioli, per i pipistrelli anche il letargo è un'attività di gruppo. Nelle cantine come nelle caverne, all'inizio di ottobre si addormentano tutti insieme fino a primavera, svegliandosi periodicamente solo per bere. Durante il sonno invernale tutte le attività corporee vengono rallentate in modo da consumare la minor quantità di energia possibile, prodotta consumando le riserve di grasso accumulate durante l'estate.
A vederlo così pigro e lento non si direbbe, e invece il tasso (Meles meles) è un abile costruttore di tane. Grazie ai suoi lunghi artigli, questo plantigrado riesce a realizzare articolate reti di gallerie sotterranee che collegano tra loro diverse camere su più piani a una profondità che può raggiungere i 6 metri, con varie aperture verso l'esterno (fino a 50). In un'abitazione così complessa, che ospita per decenni varie generazioni della stessa famiglia, non poteva certo mancare il bagno: una delle camere infatti solitamente viene adibita alla raccolta delle feci dei piccoli nei primi giorni di vita, mentre quelle dedicate al riposo vengono ricoperte di foglie e muschio. Non c'è da stupirsi quindi se il tasso passa gran parte della vita nella sua bella tana, uscendo solo di notte per procurarsi il cibo. Nel periodo freddo non cade in letargo, ma dorme per lunghi periodi - in caso di condizioni atmosferiche particolarmente avverse anche per intere settimane - abbassando notevolmente il proprio metabolismo e utilizzando la riserva di grasso accumulata durante l'estate.
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E chi in letargo non ci va, come le volpi e i lupi? Anche questi animali hanno le loro strategie anti-freddo, rimanendo attivi per tutto il periodo invernale. Con l'arrivo dell'autunno la pelliccia si infoltisce funzionando da isolante contro il freddo, mentre per far fronte alla carenza di cibo la volpe (Vulpes) dimostra la sua proverbiale furbizia: nei periodi di abbondanza accantona scorte alimentari seppellendole in tante piccole buche di 5-10 cm anzichè in un unico magazzino. Si suppone che questa accortezza venga utilizzata per evitare di correre il rischio di perdere tutte le provviste in un'unica volta. Anche la sua particolare tecnica di caccia si adatta ai terreni innevati, trasformandosi di fatto in un tuffo di testa nella neve che le consente di cacciare topi e altre prede. E per sfuggire agli orsi polari le volpi artiche o bianche (Alopex lagopus) dispongono di una folta livrea che d'inverno diventa bianca, permettendo all'animale di mimetizzarsi nella spessa coltre di neve.
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In presenza di particolari condizioni climatiche, alcuni animali possono cadere in un "letargo alla rovescia" chiamato estivazione (dal latino aestas, estate). Al pari dell'ibernazione, anche l'estivazione è un fenomeno che rientra nel complesso di reazioni e adattamenti che permettono a molti animali e vegetali di entrare in uno stato di vita latente per sottrarsi a condizioni ambientali sfavorevoli. Nelle regioni desertiche tropicali sono molte le specie che sopravvivono per lunghi periodi alla mancanza di acqua e al calore eccessivo rifugiandosi in un sonno più o meno profondo durante il quale le loro funzioni vitali vengono ridotte al minimo. Per coccodrilli, tartarughe, serpenti, rane, rospi, lumache, vermi, api, lucertole - ma anche piccoli mammiferi come i ricci - l'estivazione rappresenta l'unica possibilità di sopravvivenza. Se l'acqua scarseggia e il fiume va in secca, il coccodrillo affonda nel fango lasciando emergere solo le narici per respirare e sprofonda in uno stato di quiescenza in tutto simile al letargo invernale, salvo tornare perfettamente vigile e attivo appena ritorna l'acqua.
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Tra tutti gli animali che vanno in letargo, le tartarughe sono sicuramente quelli più frequenti nelle nostre case. Come per tutti i rettili, animali a sangue freddo, per mantenere costante la temperatura corporea le tartarughe dipendono dal calore del sole che fornisce energia al loro metabolismo e con il freddo non riuscirebbero a far fronte alle loro necessità fisiologiche. L'ibernazione come stato di vita latente permette alle tartarughe di sopravvivere anche quando in inverno si verifica una drastica riduzione dell'intensità e della durata dell'irradiazione solare. A novembre, quando le ore di luce diminuiscono e il sole non riesce più a fornire il calore indispensabile, le tartarughe terrestri cercano un posto tranquillo dove scavare un rifugio in cui sprofondare in letargo finché le temperature diurne non torneranno a salire, genericamente tra marzo e aprile. Anche gli esemplari che vivono in climi desertici tropicali fanno esattamente la stessa cosa, ma per loro il nemico da cui difendersi è il caldo: in questo caso si parla di estivazione, uno stato di vita latente in tutto simile al letargo ma che serve per sfuggire all'estrema siccità di queste latitudini.
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Non solo le tartarughe e i coccodrilli, ma anche i serpenti trascorrono i periodi più freddi o più caldi in letargo. Come per tutti i rettili, infatti, in base alla latitudine lo stato di torpore può essere determinato da una diminuzione dell'irraggiamento solare e della temperatura dovute all'avvicinarsi dell'inverno oppure alla diminuzione di acqua disponibile nelle regioni desertiche equatoriali nella stagione secca. Essendo animali a sangue freddo, i serpenti (come tutti i rettili) per svolgere le proprie attività devono raggiungere una determinata temperatura corporea riscaldandosi al sole. Alle nostre latitudini, durante i mesi invernali i serpenti si nascondono in profonde buche e vanno in letargo, rallentando drasticamente il loro metabolismo.
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Ai primi freddi anche le rane sprofondano in buchi nel terreno o nel fango in fondo agli stagni per rimanerci fino a primavera, cadendo in uno stato di ibernazione. Ma per questi anfibi il sonno invernale talvolta nasconde un risvolto inaspettato. Tra le rane di montagna o rane alpine o rane temporarie può capitare infatti che l'accoppiamento cominci proprio a ridosso del lungo sonno invernale. In questo caso le due rane rimangono abbracciate nella posizione dell'amplesso tipica della loro specie fino al risveglio la primavera successiva, quando la femmina deporrà fino a 4.000 uova.
Sul letargo delle rane e di tanti altri animali, leggi Il lungo dormire, l'articolo di Giovanna Camardo pubblicato su Focus 339, gennaio 2021.
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Di stare al freddo proprio non ne vogliono sapere le farfalle monarca (Danaus plexippus). E così, come ogni autunno, riunite in un immenso sciame partono dal Nord America, dove abitualmente vivono, per andare a trascorrere l'inverno in Messico. Un viaggio di 5.000 chilometri volando ad alta quota, percorrendo fino a 100 km al giorno per posarsi su un ramo di pino o di abete su cui abbandonarsi a un meritato sonno lungo tutto un inverno. Con l'arrivo della primavera, le centinaia di milioni di monarca si risvegliano dal loro letargo e riprendono il viaggio, tutte insieme, verso Nord per tornare a colorare prati, boschi e campi di Stati Uniti, Canada e Alaska meridionale. Anche se non è l'unica farfalla a compiere una migrazione, quella della monarca è la più lunga e incredibile mai osservata tra gli insetti anche perchè compiuta dalla stessa generazione di farfalle, mentre negli altri casi si tratta di un biglietto di sola andata. Per questo motivo la sua migrazione annuale è tanto studiata dagli scienziati e in gran parte resta un vero mistero della natura.
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Oltre ai mammiferi, i rettili e gli anfibi anche molti insetti vanno in letargo durante l'inverno. Formiche, api, vespe e calabroni per sopravvivere ai rigori invernali si trovano un rifugio e trascorrono la stagione fredda dormendo. Lo stesso accade per l'insetto più fortunato del mondo, la coccinella (Coccinella septempunctata). Nonostante il loro aspetto colorato e innocuo, questi piccoli coleotteri sono dei temibili predatori di altri insetti parassiti delle piante (afidi e cocciniglia), ma capaci anche di terribili atti di cannibalismo. Gli insetti che non vanno in letargo non riescono a sopravvivere al freddo dell'inverno. Per garantire la continuità della specie, molte specie in estate provvedono a deporre le uova che si schiuderanno poi la primavera successiva.
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Anche i molluschi terrestri, nel loro piccolo, possono andare in letargo, come la chiocciola che con l'arrivo dei primi freddi si rintana nella sua casa, chiude la porta e lascia il mondo fuori fino alla primavera successiva. Prima dell'inverno, questo piccolo mollusco cerca un luogo adatto per ripararsi e sigilla l'apertura del guscio grazie a una membrana, chiamata epifragma, fatta di muco, carbonato di calcio e fosforo, gli stessi elementi che compongono la conchiglia. Lascia però aperta una piccola fessura per consentire un ricambio d'aria costante. Stessa strategia anche in caso di caldo eccessivo durante l'estate: si tappa in casa e non esce finchè le condizioni ambientali non migliorano.
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