Non solo venti e correnti marine sono responsabili dell'arrivo di agenti inquinanti nell'Artico. Ora ci si mettono anche gli uccelli...
I fulmaro analizzati dai ricercatori formano un ampia colonia di oltre 10 mila coppie che vive attorno ad alte scogliere tra Canada e Groenlandia. Nella stagione degli accoppiamenti scelgono l'inquinato Oceano Atlantico. |
Ebbene sì. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Science da un gruppo di scienziati dell'Università di Ottawa (Canada), ha cercato di indagare il motivo per cui sostanze chimiche industriali (come DDT, mercurio e svariati pesticidi) finiscano per inquinare queste latitudini e gli organismi viventi (tra cui gli uomini) che vi abitano.
Pusher involontari… e con le ali. Le ipotesi più accreditate erano che questi elementi chimici fossero trasportati così lontano rispetto ai grandi centri industriali attraverso i venti e le correnti marine. Oggi si scopre che un veicolo di questo pericoloso “traffico” è rappresentato da alcune specie migratorie di uccelli marini.
In particolare, il gruppo di ricercatori canadesi, diretto da Jules Blais, ha analizzato le aree abitate da colonie di fulmaro antartico (Fulmarus glacialis) e ha verificato come, in presenza del loro guano (gli escrementi depositati), non fosse alta solo la quantità di azoto, sviluppata naturalmente dall'accumulo di queste scorie. Qui sono state trovate anche alte percentuali di sostanze velenose, segno che esse sono involontariamente importate proprio da questi uccelli.
Cibo spazzatura. Dove hanno immagazzinato dunque tutto questo veleno? Durante la stagione degli amori, i fulmaro sorvolano l'Atlantico settentrionale dove pescano il loro cibo (pesce, plancton e i vari rimasugli del mare), evidentemente inquinato dalle sostanze chimiche incriminate.
Arrivati nelle zone artiche, questi uccelli entrano a loro volte nella catena alimentare, anche dell'uomo che è ghiotto delle sue uova. I nidi di questi uccelli rappresentano inoltre oasi di vita in un'area sostanzialmente arida: attirano perciò altre forme di vita animale che diventano l'ennesimo anello di una pericolosa catena tossica.
(Notizia aggiornata al 15 luglio 2005)