Li chiamano i "cani molecolari": sono quelli specializzati nel ritrovare persone scomparse grazie a quello che viene spesso descritto come una sorta di superpotere. Ma cos'è davvero un cane molecolare? Cos'ha di diverso dagli altri cani, e da dove arriva quel nome così fantasioso? «La verità è che tutti i cani sono molecolari», è la risposta di Mirco Guarnieri, addestratore cinofilo di Verona e uno dei pochissimi in Italia a essere specializzato in quelli che tecnicamente si chiamano "cani da detection", ovvero da rilevamento di sostanze. «Il termine "molecolare"», ci spiega, «è una formula giornalistica di grande effetto, ma la realtà è che tutti i cani sono in grado di percepire le singole molecole odorose, perché tutti i cani hanno un ottimo olfatto».
Recettori olfattivi. Come i maiali, gli orsi e molti roditori, i cani appartengono alla categoria dei "macrosmatici": animali per i quali l'uso del naso è fondamentale per sopravvivere, e che hanno quindi una mucosa olfattiva (rivestita di epitelio e presente nella cavità del naso, è la parte che rileva le molecole odorose) grande e ricca di recettori. Noi umani siamo invece "microsmatici": la nostra mucosa copre dai 4 agli 8 cm² e contiene un numero di recettori olfattivi che va dai cinque ai dieci milioni, mentre quella dei cani raggiungei 150 cm² e può avere più di 200 milioni di recettori. Non che manchino le differenze tra razze canine: il cane di Sant'Uberto, uno di quelli più utilizzati per la ricerca di persone, ha circa il doppio dei recettori olfattivi della media canina. Ma all'atto pratico non c'è troppa differenza tra le performance olfattive di questa razza rispetto ad altre: se si trattasse solo di annusare, tutti i cani potrebbero essere utilizzati per la ricerca persone.
In realtà, per un cane molecolare, un buon olfatto è solo una parte dell'insieme di abilità che servono per svolgere al meglio il suo lavoro. Perché di lavoro si tratta, e l'attitudine a eseguire gli ordini e non farsi distrarre, oltre alla capacità di sopportare carichi di impegno intensi e prolungati, sono importanti quanto un buon naso.
Non solo pastori tedeschi. «La razza è una questione in parte soggettiva: non c'è niente di male a orientarsi verso una piuttosto che un'altra per ragioni puramente estetiche. Ovviamente però ci sono cani che, per attitudine e doti naturali, riescono meglio in certe attività: per esempio, per la detection, appunto la ricerca di determinate sostanze, si usano di solito pastori tedeschi, belgi, labrador e poche altre razze, perché sono quelle che sono più adatte per indole a svolgere certi compiti», spiega Guarnieri.
Le doti naturali, insomma, sono importanti, ma forse ancora di più lo è l'attitudine. «Un cane da caccia avrà un ottimo olfatto, ma se lo porto nel bosco per cercare una persona e quello sente l'odore di un coniglio farò fatica a tenerlo concentrato sul suo lavoro». Per la ricerca di esseri umani, insomma, ma anche di precise sostanze (le più svariate, come vedremo), non basta saper annusare. Un buon cane da detection riesce a concentrarsi esclusivamente sull'odore che sta cercando, perché «sa che se lo troverà avrà una ricompensa»: in termini umani è un grande professionista, che riesce a fare il suo lavoro senza farsi distrarre da altri stimoli, non importa quanto stuzzicanti.
droga ed esplosivi. Detto che tutti i cani sono "molecolari", è arrivato il momento di pensionare definitivamente il termine e usare definizioni più precise. Al plurale, perché il termine "cane da rilevamento sostanze" o "da detection" (di cui abbiamo parlato finora) descrive solo una parte dell'universo dei cani da ricerca olfattiva. La definizione indica un cane che è stato addestrato a riconoscere un odore e vale per una vasta gamma di specializzazioni: lo sono i cani da esplosivo e quelli antidroga, quelli che vanno alla ricerca di contaminazioni e fughe di sostanze (dall'acqua al gas al petrolio).
Ma ci sono anche i cosiddetti Hrd, cioè "Human Remains Detection", che vanno alla riocerca ricerca di resti umani: sono i cani che devono individuare un cadavere, diversi da quelli che cercano le persone vive. L'odore di un vivo è inimitabile e ogni persona ha il suo. Quando una persona muore, però, la situazione cambia: l'odore di un cadavere non è esclusivo, ma simile in tutte le persone». Il problema, almeno in Italia, è addestrare questi cani. «Per farlo servirebbe avere accesso ai corpi, e qui non si può perché la legge lo considera vilipendio di cadavere, un reato penale; a meno di non essere un'università di medicina o un istituto di ricerca è impossibile avere il materiale che serve per addestrare i cani Hrd», ci spiega Guarnieri, che è proprietario di uno dei pochissimi cani di questo tipo che abbiamo in Italia. «In Germania hanno circa 170 cani da cadavere in tutto il Paese, noi ne abbiamo una decina più o meno».
Chi si occupa di Hrd in Italia deve portare l'animale all'estero adaddestrarsi, in Germania, in Svizzera o a San Marino.
«C'è chi ha provato a usare i resti del maiale per simulare quelli umani, perché dovrebbero essere simili, ma non funziona: se alleno un cane a ricercare il maiale, sarà bravissimo a cercare i resti suini, non l'uomo». Un cane da Hrd viene addestrato a individuare l'odore dei cadaveri in generale, ma non per trovare i vivi: se portato sul luogo di un disastro, come una frana, troverà dunque tutte le vittime della tragedia, ma non sarà in grado di individuare eventuali superstiti.
Cani da "scovo". Per quello serve un'altra categoria di cani da ricerca. Più di una, in realtà. Ci sono infatti cani che vengono addestrati per cercare gli esseri umani in generale, basandosi su odori comuni a chiunque. «Un cane "da scovo", così si chiama, è abituato a riconoscere qualsiasi odore umano e a segnalarlo. Potrebbe essere il disperso che si sta cercando, ma anche un fungaiolo a passeggio nei boschi». I cani da ricerca e soccorso possono per esempio ritrovare le persone tra le macerie causate da un terremoto o da un altro disastro, o in montagna le persone travolte da una valanga.
E ci sono poi i cani che più spesso sono associati all'espressione "cane molecolare", cioè quelli "da mantrailing". «Un cane da mantrailing è abituato a ricevere un input olfattivo che è specifico della persona scomparsa, e a ricercare quindi solo quell'odore, un po' come se stesse seguendo le briciole di pane lasciate da Pollicino». L'odore è specifico della persona da trovare: «Ci sono odori primari, quelli prodotti a livello molecolare dal corpo della persona, odori secondari, che vengono determinati da quello che mangiamo e dai deodoranti che utilizziamo, e anche odori terziari, determinati dall'ambiente che ci circonda». Al cane da mantrailing, ovviamente, questa distinzione non interessa. «Sa solo che gli è arrivato un preciso input olfattivo (come un indumento o un oggetto della persona, o la "traccia" lasciata in un'auto, ndr) e che dovrà seguirlo».
Bisogna però avere aspettative corrette su questi animali. Il cane da mantrailing non è addestrato per trovare una persona, ma per seguire un odore. «La traccia odorosa potrebbe non portare a nulla, o interrompersi all'improvviso, magari perché il disperso è stato caricato in macchina. Anche il fatto di non trovare un certo odore in un'area è un successo per un cane da mantrailing: sapere che la persona scomparsa non è stata lì è un'informazione importante».
Né si può pretendere che un cane abbia una percentuale di successo pari al 100%. «Stiamo parlando di esseri viventi che si ammalano e invecchiano, non i macchine», specifica Guarnieri.
Il ruolo del conduttore. E soprattutto non bisogna sottovalutare l'importanza che ha il conduttore: un cane da ricerca olfattiva non è un'entità singola, ma esiste quasi in simbiosi con il suo umano, che deve essere bravo a capirlo al volo e a interpretare tutti i segni e i messaggi che gli manda non potendo parlare. «Un buon cane da ricerca è una somma di doti naturali, attitudine al lavoro, allenamento e pacità del conduttore».
Ecco perché chiunque debba lavorare con un cane da ricerca olfattiva – che sia per andare in cerca di dispersi dopo un disastro o di droga o esplosivi all'aeroporto – deve seguirne l'addestramento fin dall'inizio: un percorso che può durare dai sei mesi, per i cani (e i conduttori) più talentuosi, fino ai due anni.
Collega e amico a quattrozampe. «Io e il mio cane non smettiamo mai di studiare e aggiornarci, e quando non stiamo lavorando passiamo comunque il tempo insieme: me lo porto ovunque, non è solo un collega ma anche un amico». Insomma, è il momento non solo di mandare in pensione l'espressione "cane molecolare", ma di cominciare a usare il termine corretto, che meglio riflette il lavoro di squadra uomo/cane che sta dietro alle ricerche: "unità cinofila".
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Tratto da Ficcanaso di professione, su Focus 348 (ottobre 2021). Leggi il nuovo Focus in edicola!