Mentre noi ci stiamo lamentando – a seconda delle prospettive personali – del troppo freddo o della poca neve di quest'inverno, animali come orsi, marmotte e ghiri stanno superando la stagione fredda e le sue difficoltà restando in letargo: uno stato particolare, chiamato anche ibernazione, in cui il metabolismo è ridotto al minimo, la temperatura del corpo si abbassa molto, la frequenza del respiro cala e il ritmo cardiaco anche.
Anche nell'uomo? Una condizione (del tutto diversa dal sonno, anche se a noi sembra che orsi e marmotte semplicemente dormano) in cui l'organismo si "spegne" per consumare meno energia possibile. E da alcuni anni gli scienziati ipotizzano di ottenere l'ibernazione anche nell'uomo. Per future applicazioni, per esempio, nei viaggi spaziali: i lunghi tragitti verrebbero trascorsi dagli astronauti in questo stato di torpore. Come fare però ad attivarlo negli umani? Hong Wang e Ji Dai, dell'Istituto di tecnologia avanzata di Shenzhen, in Cina, hanno provato a farlo nei macachi di Giava, primati come noi (tra i primati, solo alcune specie di lemuri ibernano).
Vari studi hanno cercato di indurre il torpore artificialmente in diverse specie. Ne parliamo nell'articolo "Se andassimo in letargo..." su Focus in edicola, in cui ipotizziamo che cosa succederebbe se noi umani potessimo ibernare, facendo il punto sulle ricerche e sulle reali prospettive in questo campo.
L'esperimento cinese ha provato ad abbassare la temperatura corporea dei macachi per vedere se in questo modo si sarebbe innescato un calo del metabolismo o il torpore. Provando a riprodurre qualcosa di simile a quanto accade nei topi, che non vanno in un regolare letargo stagionale, ma che possono entrare in torpore se ci sono condizioni come bassa temperatura e scarsità di cibo.
Controllo termico. I ricercatori cinesi hanno agito sull'ipotalamo, la centralina di controllo nel cervello che tra le altre cose analizza fattori come la temperatura esterna, sovrintende alla termoregolazione e si pensa dia il via al torpore. In particolare, hanno attivato un gruppo di neuroni in una regione dell'ipotalamo, l'area preottica.
Questi neuroni sono stati modificati per avere un recettore attivato esclusivamente da un preciso farmaco. Dando ai macachi anestetizzati o svegli questo farmaco (Clozapina N-ossido), dunque, i ricercatori hanno fatto attivare quei neuroni. Il risultato è stato un abbassamento della temperatura del corpo nei macachi anestetizzati e svegli.
Differenze. Nei macachi svegli, però, per contrastare l'ipotermia così indotta l'organismo ha reagito aumentando il ritmo cardiaco e facendo partire i brividi (contrazioni dei muscoli che producono calore).
Nei topi nelle stesse condizioni, invece, ritmo cardiaco e attività si abbassano. I meccanismi di termoregolazione nei primati sono dunque diversi, ma come sottolinea Wang «lo studio è la prima dimostrazione di ipotermia in un primate basata su manipolazione neuronale mirata. Una pietra miliare nel lungo viaggio verso l'ibernazione umana».