Animali

La voce dell'uomo terrorizza la natura

Avviso a chi vuole recitare ad alta voce poesie in mezzo ai boschi: agli animali non piace. Anzi, ne hanno proprio paura.

Estate 2017: Justin Suraci, del dipartimento di studi ambientali dell'Università della California, piazza tra le montagne di Santa Cruz degli altoparlanti che trasmettono regolarmente brani di poesia letti da lui e da alcuni amici. Assiste così a una risposta (a suo dire inattesa) degli animali della zona: una reazione di paura, anche per predatori alfa come i leoni di montagna (Puma concolor), che interpretano la voce umana come una minaccia e fuggono.

Anche quando i predatori non sono a caccia, le loro prede sono all'erta, attente a suoni, odori, tracce. Gli esperti lo chiamano paesaggio della paura: è una mappa mentale che influenza il modo in cui gli animali si muovono sul territorio. Che ruolo giochiamo noi in questo quadro? Quello di maggiore minaccia, «gli animali ci temono, proprio come le prede temono i loro predatori», spiega Suraci.

La lezione da imparare: fare baccano spaventa gli animali
(p.s.: gridare, recitare belle poesie, fare un concerto... per gli animali è "fare baccano")

Chi è peggio di lupi e orsi? Nel 2016 alcuni ricercatori della Western University Ontario (Canada) avevano condotto un esperimento simile sui tassi (Meles meles), in Inghilterra. Oltre a registrazioni di brani di letteratura e documentari della BBC, gli studiosi avevano riprodotto anche i versi di alcuni predatori: lupi, orsi e cani. I tassi, mentre ignoravano i lupi ed erano un po' intimoriti da orsi e cani, si mostravano invece profondamente spaventati dalle voci umane, al punto di arrivare a smettere di nutrirsi per la paura.

Poeta o politico, è uguale. Non è questione di contenuto: il risultato non cambia se a essere trasmesso è il discorso di un politico o l'opera di un grande poeta. Gli animali fuggono o si infilano nelle loro tane, spaventati. Quasi tutti: gli unici a beneficiare dell'invasiva presenza umana sono i roditori, che approfittano della temporanea assenza di predatori per muoversi di più in cerca di cibo. «I grandi carnivori ci temono più di quanto noi temiamo loro», afferma Kaitlyn Gaynor (Università della California, Berkeley), «e la loro paura può ridisegnare l'intero ecosistema» perché quando il predatore scompare, l'equilibrio salta.

Purtroppo non c'è una ricetta giusta per rimediare o compensare alla nostra onnipresenza: tra agricoltura, allevamenti, città grandi e piccole e insediamenti industriali occupiamo ormai oltre il 50% delle terre emerse del pianeta (e il restante è, per buona parte, costituito da deserti e cime inospitali). Non resta più molto spazio al resto dei viventi e la riduzione dell'areale dei predatori (e del numero dei predatori stessi) sbilancia la naturale distribuzione delle specie.

Alcuni programmi di reintroduzione di specie animali sembrano funzionare per alcune specie e in alcune regioni (per esempio per i lupi in centro Italia), mentre appaiono più problematici programmi come il reinserimento degli orsi in Trentino.

Video: vita coi lupi. Qui sotto proponiamo una animazione che affronta alcuni problemi del tema della convivenza con il lupo, e per estensione quelli del reinserimento dei predatori nel loro areale. Il video è in inglese: ecco il succo del discorso (in estrema sintesi).

I lupi sono dei superpredatori, oltretutto predisposti a collaborare tra loro, e possono causare danni anche seri ad alcune attività umane, come la pastorizia. In Norvegia si sta cercando di reintegrarli nell'ambiente, ma la questione non è semplice: agli inizi del '900 questi animali si erano praticamente estinti a causa delle politiche a sostegno degli allevatori, che ne premiavano l'uccisione. Col tempo la popolazione si è adattata alla loro assenza, e adesso si chiede invece di riabituarsi alla loro presenza. Con l'aiuto del governo alcuni allevatori stanno passando dall'allevamento delle pecore a quello delle vacche (meno esposte all'attacco dei lupi), ma è un compromesso dettato dalla contrapposizione quasi filosofica tra "gente di città" (che vuole di nuovo i lupi nelle foreste e sulle montagne) e "gente di campagna" (che deve farci i conti, con i lupi). Contadini e allevatori chiedono di non essere gli unici a dover pagare le conseguenze del ritorno dei lupi: il costo di un serio programma di ripopolamento e mantenimento dovrebbe essere ripartito su tutti.

4 agosto 2019 Chiara Guzzonato
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