Nel raggio di 30 km dall'impianto di Chernobyl, teatro del disastro avvenuto nel 1986, non c'è alcuna attività umana e la fauna cresce indisturbata. Dei ricercatori hanno studiato questa fauna portando avanti per anni una ricerca sui lupi grigi. Tramite un collare gps hanno seguito il viaggio di 400 km di un giovane esemplare. Il dubbio: che questi predatori stiano trasmettendo mutazioni alle aree non radioattive?
Dove l'uomo non c'è. Nell'area in quarantena (chiamata zona di alienazione) sono stati avvistati persino alci e orme di orso, ma non solo. «Sappiamo che la popolazione di lupi nella zona di alienazione è elevata», afferma Michael Byrne dell'Università del Missuri, principale autore della ricerca.
Quando la concentrazione di predatori è troppo alta, i giovani esemplari cercano prede in un nuovo territorio. Questo vale anche per i lupi grigi. «Arriva per loro il momento di uscire di casa e trovarsi un lavoro», scherza Byrne.
Migrazioni di radiazioni. Per i lupi di Chernobyl questa naturale dispersione potrebbe significare il propagarsi di eventuali mutazioni. Uno studio condotto sulle rondini di questa zona ha documentato non solo il passaggio di mutazioni alla prole, ma anche come le migrazioni di questi uccelli abbiano trasportato radiazioni.
Tuttavia è improbabile che lupi colpiti da massicce quantità di radiazioni riescano a riprodursi. Ancora più difficilmente con esemplari di branchi lontani: la maggior parte delle mutazioni sono dannose e solo un esemplare sano potrebbe compiere un lungo viaggio.
ancora indagini? I ricercatori concordano però sulla necessità di ulteriori indagini. «Non sto dicendo che gli animali di Chernobyl stanno contaminando il mondo», afferma Byrne. «Ma se ci fossero forme di mutazioni che potrebbero essere trasmesse, sarebbe bene saperlo».