I pinguini imperatori (Aptenodytes forsteri) sono animali piuttosto abitudinari: ogni autunno si radunano sul ghiaccio marino antartico, solitamente nello stesso luogo dell'anno precedente, per dare inizio alla stagione degli accoppiamenti.
Almeno così funzionava fino a quando gli effetti del global warming non hanno iniziato a farsi sentire: ora il ghiaccio oceanico a disposizione di questi pennuti è più ristretto e più fragile, o tende a formarsi più lentamente rispetto al passato.
Come hanno reagisto i pinguini? Semplicemente scegliendo un posto più sicuro dove incontrarsi, come dimostra un nuovo studio pubblicato su PLoS One. La ricerca realizzata a partire da immagini satellitari mostra come questi animali abbiano imparato ad adattarsi al clima che cambia.
I pinguini imperatori tendono ad accoppiarsi sul ghiaccio marino (o banchisa, la massa di ghiaccio galleggiante che si forma nelle regioni polari a causa del congelamento dell'acqua di mare superficiale) perché da qui hanno accesso facilmente all'oceano e alle sue scorte di cibo. Ma osservando le foto satellitari di 46 colonie di pinguini imperatori, il gruppo di ricerca guidato dalla British Antarctic Survey ne ha individuate 4 che non hanno rispettato questa consuetudine.
Tra il 2011 e il 2012 la banchisa in alcune zone del Polo Sud si è mostrata particolarmente fragile e - in certi casi - si è formata un mese dopo l'inizio della stagione degli amori. In questi due anni le quattro colonie di pinguini più "prudenti" si sono spostate ad amoreggiare e crescere i figli sulle piattaforme di ghiaccio galleggianti, lingue di ghiaccio che si spingono fino alla superficie dell'oceano, che in Antartide si presentano come imponenti pareti ghiacciate alte anche 30 metri.
Arrampicarsi su barriere così impervie deve aver rappresentato una sfida non semplice per i pinguini - abilissimi nuotatori ma decisamente più goffi sulla terraferma. La scoperta sembrerebbe suggerire che questi pennuti stiano imparando ad adattarsi alle nuove condizioni ambientali imposte dai cambiamenti climatici e, in ultima analisi, dall'uomo.
«Senza le immagini satellitari non avremmo potuto accorgerci di questo fenomeno» spiega Gerald Kooyman, tra gli autori della ricerca. Ulteriori studi stabiliranno se e come altre specie animali stiano affrontando lo scioglimento dei ghiacci.
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