Che “tutti i gatti sono grigi di notte” sarebbe vero solo per gli uomini. Poiché alcuni animali - come i gechi - riescono a vedere a colori anche dopo il crepuscolo, nonostante l’oscurità.
I gechi di notte non vedono in bianco e nero ma a colori. Una funzione utile per la caccia notturna. |
Evoluzione in corso
Alla base di questa straordinaria caratteristica il lavoro di due fotorecettori che nei vertebrati si trovano nella retina: i coni e i bastoncelli. Questi trasformano i raggi luminosi in reazioni chimiche e stimolazioni nervose, permettendo al cervello di percepire la luce e i colori.
All’inizio i gechi erano diurni e provvisti di quattro tipi di recettori: i tre colori – rosso, verde e blu – che possiamo percepire anche noi, con in più l’ultravioletto. Poi, i gechi hanno cambiato abitudini e sono diventati animali attivi soprattutto di notte, per cui ci sono state alcune mutazioni.
Per prima cosa hanno perduto l’uso dei coni sensibili al rosso, che non lavorano bene quando c’è poca luce. A quel punto, per compensazione, i coni rimasti sono diventati lunghi più di 10 volte, rispetto alla norma e molto sensibili, non solo al colore ma anche alla luce debole.
E il cervello di conseguenza si sarebbe adattato a percepire questi nuovi dati.
Notti a colori
La comunità scientifica ora si chiede dove porteranno le scoperte di Kelber e sono già molti quelli che parlano di videocamere, microscopi e visori notturni che in un prossimo futuro renderanno a colori le immagini catturate in assenza di luce, rendendo colorate le nostre notti. Di modo che si possa dire di essere come i gechi e non le talpe.
(Notizia aggiornata al 10 gennaio 2007)