Gli attacchi agli esseri umani da parte degli squali sono un avvenimento relativamente raro, che però colpisce fortemente la nostra immaginazione, soprattutto da quando Steven Spielberg negli anni Settanta girò un famosissimo film sull'argomento (Lo squalo). Ma perché lo fanno?
Scambio d'identità. La risposta "per mangiarci" è semplicistica e non del tutto corretta; in realtà, come molti scienziati sospettano da tempo e com'è stato confermato da questo studio pubblicato sul Journal of the Royal Society Interface, quando uno squalo va all'attacco di un umano lo fa perché si sta sbagliando, ed è convinto di stare approcciando un altro animale. Si chiama "mistaken identity theory", letteralmente "identità sbagliata", che potremmo tradurre ancora meglio come "scambio d'identità": se ne discute da anni, e ora abbiamo la conferma della sua bontà.
La maggior parte degli attacchi a umani da parte di squali si possono far risalire a tre specie: lo squalo tigre, lo squalo leuca e lo squalo bianco, quello del film succitato, per intenderci. Numericamente si tratta di avvenimenti piuttosto rari, ma che negli ultimi anni si stanno intensificando: solo nel 2020 sono stati registrati 10 attacchi letali non provocati, sei dei quali sono avvenuti nelle acque dell'Australia, il posto più pericoloso al mondo per quello che riguarda gli incontri con gli squali.
Contro i surfisti. Non è un caso che lo sia: nella maggior parte dei casi, questi attacchi avvengono ai danni dei surfisti, che vengono quasi sempre presi di mira da esemplari giovani di squalo bianco. Lo studio condotto da un team della Macquarie University di Sydney spiega finalmente perché.
La ricerca si è svolta in due fasi. La prima all'acquario del Taronga Zoo, a Sydney: grazie all'uso di telecamere sottomarine e di uno scooter subacqueo, il team ha filmato "da sotto" il nuoto di foche e leoni marini, ma anche di esseri umani (con e senza una tavola da surf sotto i piedi). Per la seconda fase, questi filmati sono stati dati in pasto a un modello informatico costruito in base alle capacità visive degli squali – che sono daltonici, e per puntare la loro preda si devono basare sulla sua silhouette. I risultati hanno confermato qualcosa che molti scienziati sospettano da tempo: dal punto di vista di uno squalo, un surfista ha la stessa sagoma, e compie gli stessi movimenti, di un cucciolo di foca o di leone marino.
Nulla di personale. Gli attacchi ai danni di esseri umani, quindi, sono con ogni probabilità il risultato di un'identificazione errata; e infatti nella maggior parte dei casi ad attaccare sono gli squali più giovani, che ci vedono peggio e non hanno ancora accumulato esperienza sufficiente a distinguere un cucciolo di foca da un umano su una tavola da surf. Con l'età e il miglioramento delle capacità visive, gli squali smettono di puntare agli umani per spostarsi su prede più grosse e appetibili. È una scoperta che farà felice la comunità mondiale dei surfisti: ora che sappiamo che gli squali non ce l'hanno con loro ma li attaccano per sbaglio, possiamo inventarci dei metodi che aiutino gli animali a capire che, nonostante l'aspetto, non sono le prede che stanno cercando.