L'Oceano Artico è uno dei mari più inospitali del Pianeta: coperto in gran parte dai ghiacci, il suo fondale riceve pochissimi nutrienti ed è un luogo dove la vita fa fatica a trovare spazio. O almeno dovrebbe fare fatica, in teoria; poi, nella pratica, ci sono come sempre degli animali che trovano soluzioni creative e riescono a sopravvivere alle condizioni più estreme.
Spugne giganti. Un esempio notevole è quello che è stato scoperto dalla nave di ricerca Polarstern, di proprietà dell'Alfred Wegener Institute di Bremerhaven, in Germania, che nel corso di una spedizione nell'Artico ha scoperto un'immensa colonia di spugne giganti che vivono sulla cima di vulcani spenti, e che si nutrono dei cadaveri di chi è venuto prima di loro. Il team ha raccontato le sue osservazioni sulla rivista Nature Communications.
L'Oceano Artico è un ambiente cosiddetto oligotrofico, cioè povero di nutrienti: il fatto di essere coperto da ghiacci perenni limita la quantità di luce che penetra nella colonna d'acqua, e di conseguenza l'attività delle alghe e degli altri organismi fotosintetici – che a loro volta costituiscono la base della dieta di tutto il resto della rete alimentare.
Stupore. Ecco perché l'equipaggio della Polarstern, che è una nave rompighiaccio in grado di operare a temperature di -50 °C e permette l'osservazione diretta e la raccolta di campioni dal fondale oceanico, è rimasto stupito quando ha scoperto il giardino delle spugne: è un immenso ecosistema che copre le cime di un sistema di vulcani sottomarini ormai estinti, il Langseth Ridge, ed è popolato di esemplari di grandi dimensioni, e che quindi devono avere a disposizione molti nutrienti per crescere così. La domanda è: da dove li prendono, se vivono sotto il ghiaccio?
La risposta, un po' macabra, è: dai cadaveri dei loro predecessori. Non di altre spugne, ma di altri animali, che in passato hanno vissuto e prosperato sulla catena sottomarina grazie a un influsso di nutrienti che filtravano dai vulcani ancora attivi; animali che si sono lasciati alle spalle una serie di resti (conchiglie, gusci...) che sono oggi il substrato sul quale le spugne prosperano. Lo fanno grazie ai batteri con i quali sono in simbiosi, che sono in grado di digerire le sostanze organiche complesse e trasformarle in nutrienti per le spugne.
Quanto durerà? Gli autori dello studio sospettano che, proprio per questo motivo, questo ecosistema possa essere transitorio: i nutrienti che arrivano dall'alto rappresentano appena l'1% del fabbisogno nutritivo delle spugne, e il restante 99% (cioè i resti degli organismi precedenti) prima o poi si esaurirà, nel momento in cui le spugne l'avranno consumato tutto.