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Perché ai gatti piacciono (anche) le scatole che non esistono?

Che i gatti amino entrare nelle scatole si sa. Ma uno studio dimostra che sono felici anche "dentro" a una che non c'è: basta un contorno tracciato per terra.

Qualche anno fa su Twitter andò di moda per qualche giorno il gioco delle scatole per ingannare i gatti: consisteva nel tracciare per terra il profilo di un contenitore e fotografare il gatto che ci si piazzava dentro come se fosse una scatola vera, che sono una delle loro più grandi passioni come può testimoniare chiunque abbia un gatto.

Oggi, a quattro anni di distanza da quel breve momento di gloria per le scatole illusorie, l'argomento sta tornando di moda: sarà l'anno di lockdown e di vita casalinga forzata, fatto sta che Gabriella E. Smith, etologa dell'università di New York, ha deciso di organizzare uno studio di citizen science volto proprio a verificare se davvero i gatti siano attratti dalle scatole virtuali e da quelli che si chiamano tecnicamente contorni illusori. I risultati sono pubblicati su Applied Animal Behavior Science.

L'amore dei gatti per le scatole è cosa nota, anche se non è chiarissimo il perché di questa passione: secondo la teoria più accreditata è perché si tratta di spazi chiusi che l'animale percepisce come protetti e separati dal resto del mondo, e dunque nascondersi dentro aiuta a ridurre lo stress; c'è anche, però, chi sottolinea il vantaggio predatorio di potersi nascondere in una scatola prima di tendere un agguato.

Kanizsa e i gatti. Ci sono anche parecchie prove sperimentali, la maggior parte delle quali postate su Twitter o Instagram con una didascalia buffa, che suggeriscono che per far felice un gatto non serve una scatola vera: basta tracciarne i contorni per terra e l'animale non noterà la differenza. Lo studio di Smith ha messo alla prova proprio questa ipotesi: l'esperimento ha coinvolto circa 500 gatti e relativi padroni, che sono stati divisi in tre gruppi: nel primo, i padroni dovevano tracciare per terra i contorni di una scatola, nel secondo dovevano invece disegnare un'illusione ottica nota come figura di Kanizsa, mentre al terzo gruppo, quello di controllo, è stato chiesto di usare gli elementi di una figura di Kanizsa ma di distribuirli per terra a caso, evitando dunque l'effetto "scatola illusoria" (vedi qui sotto).

Dei 500 gatti sottoposti all'esperimento, solo 30 sono riusciti a rispettare appieno il protocollo e a venire dunque accettati per la discussione dei risultati: un campione ridotto rispetto alle ambizioni iniziali, ma questo è uno dei rischi del mestiere quando si fanno esperimenti su un animale difficile da controllare come il gatto.

citizen science. I risultati, comunque, confermano quello che Internet ci suggerisce da anni: per dirla con le parole dell'autrice dello studio, i gatti «hanno dimostrato di venire influenzati dai contorni illusori e dalle figure di Kanizsa, il che supporta la nostra ipotesi che trattano le scatole immaginarie come se fossero reali». Perché lo facciano non è chiaro, ma nello studio si legge che "l'uso della citizen science come precursore degli esperimenti di laboratorio potrebbe aiutare a colmare i buchi che abbiamo nelle nostre conoscenze sulle capacità cognitive del gatto". In altre parole, se avete un felino preparatevi a farlo diventare una star su Twitter: è per la scienza.

10 maggio 2021 Gabriele Ferrari
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