Un milione e mezzo di anni fa una balenottera azzurra lunga 26 metri nuotava nel Mediterraneo: il suo enorme scheletro è stato trovato fossile nel 2006, vicino a Matera, sulle rive del lago artificiale di San Giuliano. Lo studio del fossile, coordinato dai paleontologi dell'Università di Pisa, pubblicato su Biology Letters, ridisegna l'evoluzione del gigantismo estremo delle balene: il vertiginoso aumento delle loro dimensioni non è recente, come creduto fino ad oggi (cioè limitato agli ultimi 2,5 milioni di anni), ma è iniziato quasi 15 milioni di anni fa, consentendo a quelli che sono considerati gli ingegneri dell'ecosistema marino di avere più tempo per "progettare" la struttura ecologica che oggi caratterizza i mari del pianeta.
«I caratteri morfologici del cranio e della bulla timpanica, che è una parte dell'orecchio interno che serve ad amplificare i suoni rivelano le forti affinità tra la "balena di Matera" e l'odierna balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), confermate anche dalla stima della lunghezza massima dell'animale, che superava i 26 metri», afferma Giovanni Bianucci, che ha preso parte allo scavo e coordinato lo studio del reperto: «si tratta del più grande fossile di balena mai descritto e, forse, della più grande balena che abbia mai solcato le acque del Mar Mediterraneo. Questo dato è importante non solo perché è un record, ma soprattutto perché l'aumento estremo delle dimensioni è uno degli aspetti più interessanti dell'evoluzione».
Il gigantismo è un fenomeno che è comparso e si è affermato, in maniera indipendente e in tempi diversi, in molte linee evolutive di vertebrati. Al di là di un generico vantaggio che le grandi dimensioni potrebbero aver dato a una specie, nella competizione con quelle di taglia più piccola, molti aspetti del fenomeno restano oscuri. In particolare, negli ultimi anni l'attenzione dei ricercatori si è focalizzata sul gigantismo estremo evoluto dai misticeti, quei cetacei che nel corso della loro evoluzione hanno sostituito i denti con i fanoni per filtrare dalla massa d'acqua i piccoli organismi di cui si nutrono.
Questi mammiferi marini, comunemente noti come balene, hanno il proprio rappresentante più spettacolare proprio nella balenottera azzurra, che può superare i 30 metri di lunghezza e le 180 tonnellate di peso, attestandosi dunque come il più grande animale, in termini di massa, mai comparso sulla Terra. Tra le possibili cause del gigantismo dei misticeti ipotizzate da studi recenti va ricordata la pressione selettiva esercitata dai grandi predatori marini del passato, come il Livyatan melvillei (un parente del capodoglio, trovato fossile in Perù) e lo squalo gigante Carcharocles megalodon, che avrebbe avvantaggiato le balene più grandi e quindi meno vulnerabili agli attacchi.
Anche il progressivo raffreddamento del pianeta potrebbe aver favorito l'enorme aumento della taglia delle balene. In particolare, la stabilizzazione delle calotte glaciali contribuì alla ridistribuzione di cibo nei mari, concentrandolo soprattutto in quelli polari. Molte balene si spostarono a loro volta in queste aree fredde per nutrirsi, dovendo tuttavia compiere lunghi viaggi stagionali per tornare a riprodursi nelle acque calde tropicali. In questo caso la pressione selettiva avrebbe favorito le balene più grandi perché in grado di immagazzinare una quantità maggiore di risorse energetiche per affrontare le lunghe migrazioni.
«Poiché tutte le balene fossili rinvenute sono molto più piccole delle enormi balenottere attuali», spiega il paleontologo Alberto Collareta, «fino ad oggi i modelli macroevolutivi hanno sostenuto che il gigantismo dei misticeti fosse un fenomeno molto recente, originatosi durante il periodo Quaternario, coincidente con gli ultimi due milioni e mezzo di anni. Questa idea ha trovato supporto in studi recenti che, attraverso modelli macroevolutivi, sostengono che l'estremo gigantismo dei misticeti sia un fenomeno limitato agli ultimi 2-3 milioni di anni. Un punto debole di queste ricerche consiste però nel fatto che i resti fossili di misticeti risalenti agli ultimi milioni di anni sono molto scarsi e pertanto l'ipotesi della recente accelerazione nell'aumento della taglia si basa prevalentemente sulle dimensioni gigantesche delle balene attuali.»
Lo studio della balena di Matera porta un contributo fondamentale per chiarire gli aspetti ancora oscuri di questi processi evolutivi. Le analisi dei microfossili associati alla balena, condotte da Agata di Francesco (Università di Catania) e Caterina Morigi (Università di Pisa), hanno infatti fornito una datazione compresa tra 1,49 e 1,25 milioni di anni fa, all'interno di un intervallo temporale (il Pleistocene inferiore) relativamente vicino al presente, in cui il record fossile dei cetacei è quasi inesistente o quanto meno non accessibile, poiché le rocce che ne potrebbero contenere i resti fossili si trovano in gran parte ancora nei fondali marini.
«Inserendo i dati ottenuti dallo studio preliminare della balena di Matera e di altri reperti recentemente rinvenuti in Perù nei modelli macroevolutivi più largamente accettati», afferma Felix Marx (Royal Belgium Institute of Natural Sciences di Bruxelles), «si è scoperto che l'estremo gigantismo dei misticeti è un fenomeno più antico di quanto si pensasse e che l'aumento delle dimensioni è stato probabilmente più graduale di quanto finora teorizzato.»
«Considerato il profondo impatto che i misticeti hanno avuto sull'evoluzione degli ecosistemi marini a scala globale, nonché la loro fondamentale influenza nel foggiare la struttura ecologica degli oceani moderni», conclude Giovanni Bianucci, «conoscere in dettaglio questi processi evolutivi è di fondamentale importanza per decifrare le dinamiche evolutive dell'ambiente marino e i delicati equilibri delle comunità biologiche dell'oceano globale, e quindi anche per capire quali potrebbero essere gli effetti di un'eventuale scomparsa di questi giganti del mare.
Non dobbiamo infatti dimenticare che la balenottera azzurra, dopo essere riuscita a sopravvivere con successo per oltre un milione di anni, è stata portata sull'orlo dell'estinzione da soli cento anni di caccia spietata da parte dei balenieri, e ancora non sappiamo come la sua definitiva scomparsa potrebbe cambiare il delicato equilibrio naturale di cui fa parte.»
@ A cura del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, maggio 2019