Ogni anno in autunno ha luogo un'imponente migrazione di farfalle monarca (Danaus plexippus) da Canada e Stati Uniti, verso il sud. Questi lepidotteri nero-arancio, per sfuggire ai rigori invernali del Nord America, raggiungono una piccola valle del Messico da cui, la primavera successiva, dopo l'accoppiamento, ha luogo il viaggio di ritorno: non si tratta più degli individui partiti l'anno prima, ma dei loro discendenti.
Per allontanare lo spettro. Da diversi anni, però, i conti... non tornano: il numero di farfalle che arrivano in Messico è infatti diminuito, per ragioni non ancora chiarite. Così molti appassionati hanno deciso di dedicarsi all'allevamento di questi insetti in cattività nella speranza che, liberandoli al momento opportuno, possano rimpolpare gli sciami naturali allontanando lo spettro dell'estinzione. Ma non sempre le buone intenzioni hanno successo...
Un gruppo di ricercatori dell'Università del Texas ad Austin ha studiato gli schemi migratori delle farfalle monarca nate e vissute in libertà e li ha confrontati sia con quelli di farfalle nate e allevate in cattività, sia con quelli di individui nati liberi ma allevati in gabbie da esperimento. La loro ricerca pubblicata dalla rivista PNAS ha dimostrato che i discendenti di farfalle monarca nate e cresciute in ambiente diverso dall'habitat naturale perdono la capacità di orientarsi spontaneamente e di migrare verso Sud. Lo stesso tipo di deficit interessa anche farfalle nate libere, ma tenute per brevi periodi in cattività, seppure in condizioni molto simili a quelle naturali.
Difficoltà. Una successiva analisi del DNA di questi individui ha poi dimostrato che le popolazioni "commerciali" sono geneticamente divergenti da quelle catturate in natura: hanno le ali più arrotondate e più piccole. Lo studio rivela quanto sia delicato e precario l'equilibrio genetico e ambientale della farfalla monarca ai fini del mantenimento della sua capacità migratoria e dunque della specie stessa.