Animali

L'evoluzione dei coronavirus nei pipistrelli

Un progetto di ricerca azzoppato da Trump ha pubblicato l'analisi più completa su origine e trasmissione dei coronavirus nei loro serbatoi animali.

Una collaborazione internazionale di scienziati impegnata da anni nello studio delle origini dei coronavirus ha pubblicato l'analisi più completa svolta finora su questi patogeni: in uno studio postato sul server bioRxiv (dove vengono pubblicati gli articoli scientifici prima che siano sottoposti alla revisione di altri scienziati), ma già accettato per la pubblicazione su Nature Communications, il team ha esaminato le sequenze genetiche parziali di 781 coronavirus individuati nei pipistrelli in Cina, oltre un terzo delle quali mai diffuse prima d'oggi. Dalla ricerca emergono informazioni importanti sull'evoluzione e la trasmissione di infezioni zoonotiche come la COVID-19: dati che rimarranno per forza di cose incompleti, perché il progetto di ricerca è stato di recente cancellato dal governo statunitense (per approfondire).

Utilità pubblica. L'analisi aiuta a identificare i luoghi dove potrebbero avvenire i prossimi, pericolosi passaggi di questi patogeni dagli animali all'uomo, e fornisce alcuni indizi sulle origini del SARS-CoV-2, senza però chiarirle del tutto. L'evoluzione dei coronavirus sarebbe intrecciata a doppio filo con quella dei pipistrelli del genere Rhinolophus (i cosiddetti pipistrelli ferro di cavallo), che per diffusione geografica, storia e caratteristiche evolutive parrebbero la principale riserva animale di coronavirus simili a quello della SARS.

Tuttavia, nessuno dei coronavirus sequenziati appare abbastanza vicino al SARS-CoV-2 da suggerire un "salto diretto" dai pipistrelli all'uomo. Anche se è molto plausibile che l'antenato dei nuovo coronavirus si trovasse in questi animali, il progenitore immediato del patogeno non è ancora stato trovato, né nei pipistrelli né in altri ospiti intermedi come i pangolini.

Ricerca a tappeto. Per cinque anni, a partire dal 2010, il team di Cina e Stati Uniti ha collezionato tamponi orali e rettali di centinaia di pipistrelli di diverse specie in numerose province della Cina. Dell'RNA estratto da questi campioni e dalle deiezioni degli animali sono state analizzate brevi sequenze genetiche comuni a tutti i coronavirus ma con lievi differenze che permettono di distinguere un patogeno dall'altro. Gli scienziati sono riusciti così a ricostruire una sorta di albero genealogico dei coronavirus nei pipistrelli e a risalire al genere di pipistrelli che ne ospitava in numero maggiore.

Un coronavirus isolato nei Rhinolophus presentava una sequenza genetica per il 96,2% identica a quella del SARS-CoV-2: è insomma il suo parente più vicino, ma la differenza genetica è tale che questo virus impiegherebbe decenni a trasformarsi in un nuovo patogeno capace di attaccare l'uomo.

Dove cercare. I dati suggeriscono che il nuovo coronavirus si sia evoluto nella provincia cinese dello Yunnan, ma non escludono possa aver avuto origine anche in altre parti del Sudest Asiatico o fuori dalla Cina.

I pipistrelli del genere Rhinolophus comparsi forse in Cina decine di milioni di anni fa hanno avuto una lunga storia di coevoluzione pacifica con i coronavirus, che saltano frequentemente da una specie di pipistrello all'altra. L'area geografica evidenziata dallo studio è inoltre caratterizzata da una massiccia urbanizzazione, da un'alta densità di popolazione e da estese attività di allevamento animale, tutti fattori umani che che favoriscono i contatti ravvicinati tra l'uomo e potenziali riserve animali dei virus.

Le analisi andrebbero dunque estese in almeno in tre direzioni: in altre zone anche all'esterno della Cina (come Laos, Vietnam e Myanmar, Paesi che ospitano molte diverse specie di pipistrelli); in altre specie animali, perché i pipistrelli non sembrano la fonte diretta di trasmissione all'uomo e i pangolini, pur avendo avuto un ruolo nell'evoluzione di un patogeno più simile al SARS-CoV-2, non sarebbero i tanto ricercati ospiti intermedi; e alle decine di migliaia di persone che nel sud della Cina hanno frequenti contatti con animali selvatici potenziali riserve di coronavirus. Dovremmo insomma riuscire a passare dal reagire alla minaccia dei coronavirus al prevenire sul nascere una loro diffusione su larga scala.

Ricerche interrotte. Il passo successivo del progetto prevedeva di sequenziare l'intero genoma dei virus trovati per capire quali abbiano maggiori probabilità di legarsi ai recettori delle cellule umane. Ma con la cancellazione dei fondi legata alle accuse (false) del rilascio del SARS-CoV-2 dal Wuhan Institute of Virology citate da Trump, questa seconda fase delle indagini non ci sarà. Le centinaia di coronavirus individuati sono comunque una piccola parte di quelli che ancora restano da scoprire: secondo le stime, tra i diecimila e i quindicimila.

25 giugno 2020 Elisabetta Intini
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