La lotta per la salvaguardia delle specie in via di estinzione a volte richiede una buona dose di creatività, come dimostrano i biologi dell'Università di Oxford, che insieme ai colleghi di geofisica hanno messo a punto un sistema per tracciare gli spostamenti degli elefanti utilizzando tecnologie di solito impiegate nel rilevamento dei terremoti.
Le vibrazioni dell'elefante. Come molti grandi animali - tra cui le balene e lo scomparso T.rex - i pachidermi sono capaci di comunicare tra loro a grande distanza. I ricercatori hanno scoperto che i loro barriti si propagano, oltre che nell'aria, anche nel terreno, e possono quindi essere rilevati con i geofoni, sensori molto semplici in grado di captare onde a bassa frequenza che si propagano nel suolo.


Lo studio, pubblicato su Current Biology, conferma l'idea secondo cui gli elefanti comunicano a distanza attraverso le vibrazioni del terreno. Secondo Beth Mortimer, coordinatore della ricerca, la forza generata dal barrito degli elefanti (le vibrazioni prodotte dalle onde sonore) è paragonabile a quella scaricata a terra quando camminano velocemente. Il suono riesce così a propagarsi nel suolo e a coprire distanze molto più elevate rispetto a quelle che raggiunge diffondendosi nell'aria.
Incastrati dall'onda. Gli elefanti emettono anche suoni a bassa frequenza, attorno ai 20 hertz, che non possono essere colti dall'orecchio umano. I ricercatori si sono concentrati su questi brontolii e hanno scoperto che si propagano nel terreno per oltre 6 km di distanza. Lo studio rileva anche che questi animali riescono a inviarsi segnali a distanza battendo con forza le zampe a terra: le vibrazioni provocate da questi colpi di maglio si diffondono nel suolo per 3-4 km.
Secondo la Mortimer, le onde sonore generate da un gruppo di animali in fuga dai bracconieri potrebbero quindi essere intercettate e utilizzate per identificare la zona in cui sta avvenendo l'attacco, così da allertare le forze dell'ordine e cercare di salvare gli animali prima che sia troppo tardi.