La popolazione di elefanti africani sta attraversando il peggiore declino degli ultimi 25 anni: è l'allarme lanciato dal 17esimo meeting del CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione riunita negli ultimi giorni a Johannesburg, Sudafrica.
Il rapporto è l'analisi più completa sullo stato di salute di questi mammiferi nei 37 stati dell'Africa subsahariana in cui sono diffusi, ed è stato redatto a partire da oltre 275 nuove stime delle diverse popolazioni presenti sul territorio.
Coincidenza sinistra. Si apprende così che il numero di elefanti stimato per il 2015 è di 93 mila unità inferiore a quello del 2006; a questo numero vanno aggiunti 18 mila perdite da aree finora non considerate. In tutto, fanno 111 mila esemplari in meno, un declino dovuto soprattutto all'impennata del commercio illegale di avorio che si è verificata - non a caso - una decina di anni fa.
Quanti ne restano. Anche la perdita e la frammentazione dell'habitat, con il disboscamento e l'avanzata dell'uomo, hanno giocato la loro parte. Ora si pensa rimangano 415 mila elefanti in tutto il continente (il 70% dei quali in Sudafrica), anche se potrebbero essercene tra i 117 mila e i 135 mila in aree non analizzate in modo sistematico. Nella regione maggiormente colpita dal bracconaggio, l'Africa orientale, sono spariti circa la metà degli esemplari (a causa soprattutto della riduzione del 60% del loro numero in Tanzania).
Troppo veloci. La conferenza ha riportato la situazione anche di altre specie a rischio, come i rinoceronti e - caso meno conosciuto - gli avvoltoi africani. Il destino dei rapaci è legato alla velocità con cui arrivano alle carcasse: trovano un elefante entro mezz'ora dalla sua morte.
Per evitare che le autorità possano essere richiamate dalla loro presenza, i trafficanti di avorio avvelenano ciò che resta degli elefanti, uccidendo in un colpo solo anche gli avvoltoi che di essi si cibano. Sette popolazioni di avvoltoi su 11 sono hanno perso almeno l'80% di esemplari.