Fino a qualche decina di anni fa, i gatti venivano tenuti solo per cacciare i topi, in uno stato semi selvatico. A essi erano concessi rari avanzi di cibo, nessuna coccola e scarsi rapporti con l’uomo. Dunque non c’era nessuno cui si potessero legare. Per questo è nato il pregiudizio che si affezionassero solo alla casa, il territorio che conoscevano, e che se li si portava in un altro luogo tornavano indietro.
Nell’Ottocento, l’entomologo Jean-Henry Fabre sostenne ciò in uno dei suoi racconti, diffondendo e dando autorevolezza a questa idea. In realtà, il gatto è un animale fortemente relazionale e se tenuto con amore si affeziona moltissimo al padrone, lo segue e accetta di andare con lui in una casa nuova e anche in albergo. Certo non bisogna spostarlo come un pacco (per esempio chiuso in un sacco come consigliava Fabre) ma come una creatura sensibile e intelligente. Un buon metodo è quello di parlargli molto, in modo rassicurante. E nella casa nuova bisogna fornirgli subito una cuccia in cui rifugiarsi.
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