Un verme nematode che ha evoluto l'abilità di autofertilizzarsi ha perso con essa anche un quarto del suo patrimonio genetico, inclusi i geni che rendono i suoi spermatozoi più competitivi di quelli di specie concorrenti.
Il Caenorhabditis briggsae è una creatura lunga circa 1 mm, molto simile al Caenorhabditis elegans, il cui DNA è stato completamente sequenziato: per questa ragione entrambe le specie sono spesso usate come modelli negli studi genetici.
Qualcosa è cambiato. Un milione di anni fa il C. briggsae sviluppò l'abilità di riprodursi da sé: gli esemplari di questa specie sono perciò ermafroditi, con organi sessuali maschili e femminili. Gli scienziati dell'Università del Maryland hanno voluto indagare sul come questa capacità abbia influito sulla genetica della creatura.
Hanno confrontato il suo DNA con quello di una specie simile, il verme Caenorhabditis nigoni, che si riproduce in modo tradizionale, e hanno constatato che il patrimonio genetico del primo è in deficit di 7.000 geni: poiché le due specie sono diverse soprattutto nel metodo riproduttivo, sembrerebbe che l'autofertilizzazione abbia spazzato via un quarto di DNA del nematode.
meglio sbarazzarsene. In particolare sarebbe sparito un gruppo di geni che codifica per particolari proteine sulla superficie degli spermatozoi e che dà alle specie non ermafrodite un vantaggio competitivo sugli avversari. Questa caratteristica è inutile e persino dannosa per i nematodi che si riproducono da soli - sembra infatti incoraggiare la nascita di esemplari maschi e quindi causa uno squilibrio di genere all'interno della specie.
La scoperta rappresenta una sorta di istantanea evolutiva di come una specie perfeziona la propria riproduzione. Come spiega Eric Haag, biologo e autore dello studio, «geni che sono essenziali per decine di milioni di anni possono improvvisamente diventare inutili o persino svantaggiosi, quando il sistema sessuale cambia».