Cosa ci fanno gli squali a Gerusalemme? La domanda può sembrare assurda, ma è quella che si è dovuta porre un team internazionale di archeologi durante uno scavo nei pressi di una delle città più antiche del mondo. In un deposito di materiale che risale a circa 3.000 anni fa, il team ha trovato rifiuti e scarti alimentari di ogni tipo, e, inaspettatamente, una grande quantità di denti di squalo.
Domande e risposte. Come ci sono arrivati? E soprattutto, a quando risalgono? Le ipotesi dei ricercatori si trovano nello studio pubblicato su Frontiers in Ecology and Evolution, e anche negli atti della Goldschmidt Conference di Yokohama, dove il primo autore Thomas Tütken ha di recente presentato i risultati.
Lo scavo dove sono stati ritrovati i denti di squalo è in uno dei luoghi più antichi di Gerusalemme, se non il più antico: la Città di David, che oggi si trova nei sobborghi del quartiere a maggioranza palestinese di Siloam e che costituiva, durante l'Età del bronzo, il nucleo originario della città, e la prima area a venire colonizzata. I denti sono stati ritrovati in una cantina insieme ad altri rifiuti alimentari, soprattutto ossa di pesce, e a ulteriori materiali di scarto (per esempio i cocci di un vaso).
Da tunnel ad abitazione. Interessante è il modo in cui si sono conservati: prima di essere, appunto, la cantina di una casa risalente all'Età del ferro, lo spazio sotterraneo era parte di un sistema di tunnel, risalente all'Età del bronzo, che conduceva direttamente alla vicina fonte di Gihon. Con la creazione di un canale più ampio (il tunnel di Siloam), quella porzione di tunnel venne trasformata nelle fondamenta di un'abitazione privata, e l'acqua fu sostituita con sedimento, che ha aiutato la conservazione dei reperti.
Il problema di questi reperti sta appunto nei denti di squalo: cosa ci facevano lì? La soluzione è arrivata quando il team si è reso conto che stava dando per scontato che fossero contemporanei agli altri resti, e che fossero rifiuti alimentari di qualche tipo. Un'analisi più approfondita, con tanto di datazione radiometrica basata sugli isotopi di stronzio e ossigeno, ha invece rivelato che i denti non risalgono a 3.000 anni fa, ma al Cretaceo, circa 80 milioni di anni fa, e che dunque non sono denti, ma fossili di denti.
Oggetti da collezione. Questo spiega anche come mai i reperti si trovino in un'area che non ha accesso diretto al mare: sono stati trasportati, probabilmente, scrivono gli autori, perché erano oggetti da collezione o avevano un qualche valore economico.
Il problema è che non esistono prove dirette che confermino questa ipotesi: per ora rimane la più plausibile, ma si continua a scavare in cerca di ulteriori conferme.