In un'interessante intervista pubblicata su Nautil.us, Patrik Svensson, autore di Nel segno dell'anguilla, racconta uno degli animali più bizzarri della Terra facendo il punto su ciò che sappiamo e sul molto che ancora non sappiamo, benché l'animale in questione, l'anguilla (Anguilla anguilla), sia studiato da secoli oltre che apprezzato sulle nostre tavole (in particolare quando è capitone).
Da Aristotele a Freud. Oggi abbiamo diverse informazioni sul come e sul dove della riproduzione delle anguille, ma fino a tempi recenti non è stato così. Il primo a farsi domande sul come fu addirittura Aristotele, che pare cercasse una risposta dissezionandone alcune: con sua massima sorpresa non trovò alcun organo sessuale, così giunse alla logica conclusione che le anguille nascessero spontaneamente dal fango dei fiumi e dei mari nei quali nuotavano.
Intrigato dai misteri del sesso, molti secoli dopo provò a trovare una risposta il giovane Sigmund Freud, che appena diciannovenne, a Trieste, ne dissezionò oltre 400. Ma anche per lui fu un buco nell'acqua: nessuno degli animali studiati presentava organi riproduttivi.
A trovare le prime risposte, almeno riguardo al dove, fu un contemporaneo di Freud, il biologo danese Johannes Schmidt, che nel 1904 navigava nell'Atlantico catturando e misurando esemplari di anguilla. Ne raccolse molte al largo delle coste europee, ma tutte troppo grandi per essere appena nate: navigando in direzione opposta al flusso degli animali si spinse sempre più verso ovest, registrando nei suoi diari animali sempre più piccoli. Finché, diciotto anni dopo, nel Mar dei Sargassi (quella parte dell'Atlantico compresa fra le Grandi Antille e le Azzorre che fino a pochi decenni prima era territorio di caccia di pirati e corsari), scoprì il luogo di nascita delle anguille, sebbene ancora non sapesse che quello era il luogo di nascita di tutte le anguille del mondo, anche di quelle che vivono (e peschiamo) nel delta del Po. Un unico luogo d'origine, da cui le nuove nate ripartono per giungere fino alle coste e ai fiumi d'origine dei loro genitori, al termine di una lunghissima migrazione guidata dalla Luna - anzi, dalla sua assenza, come spiega Marco Ferrari nel suo articolo La migrazione delle anguille (focus.it, novembre 2019).
Metamorfosi. Nel corso della loro vita, le anguille (che possono vivere fino a 85 anni di età) passano attraverso quattro stadi di metamorfosi: nascono nel Mar dei Sargassi come minuscole larve; poi, raggiunte le coste dei luoghi d'origine dei genitori, si trasformano in anguille di vetro, così chiamate perché sono trasparenti; quando dall'acqua salata passano all'acqua dolce, risalendo i fiumi, subiscono un'altra metamorfosi e diventano anguille gialle.
Ed è solo durante l'ultimo stadio, quando decidono di tornare nel Mar dei Sargassi, che mutano per l'ultima volta e sviluppano organi sessuali, diventando così anguille d'argento. Non c'è da stupirsi che molti grandi pensatori si siano lasciati sfuggire quest'ultimo passaggio.
Durante l'ultima fase le anguille smettono di mangiare per l'intero viaggio di ritorno verso il Mar dei Sargassi, che può durare oltre un anno. «Il loro obiettivo ultimo è "tornare a casa", dove sono nate», spiega Svensson: «è come se per loro il tempo e l'invecchiamento non contassero. Se un'anguilla non può tornare nel Mar dei Sargassi, non subisce l'ultima metamorfosi, ossia non matura sessualmente, e sembrerebbe quasi che possa vivere per sempre "cristallizzata" in quel penultimo stadio di mutamento». Sono loro a decidere quando è arrivato il momento: alcune lo fanno dopo qualche anno di vita, altre anche dopo i sessant'anni di età.
Non altrove. Perché proprio il Mar dei Sargassi? «Il motivo ha forse a che fare con la temperatura, la pressione, la salinità dell'acqua...», spiega Svensson, «ma la verità è che non lo sappiamo! Gli scienziati hanno provato a ricreare le stesse condizioni in vasche e acquari, ma senza successo: nessuno è ancora riuscito a far riprodurre un'anguilla in cattività.»