La resistenza di diversi microganismi a condizioni climatiche estreme è conosciuta e studiata da tempo. Ma nessuno, forse, si sarebbe mai immaginato di scovare batteri vivi ben 4 chilometri sotto i ghiacci dell'Antartide. Sebbene alcuni abbiano eccepito che i batteri recentemente ritrovati dal team Sarah Stewart Johnson del MIT potessero essere frutto della contaminazione del campione avvenuta durante l'estrazione e/o l'analisi in laboratorio, le prove a favore del fatto che esistano forme di vita che sopravvivono per lungo tempo nel ghiaccio sono molte.
Nel 2005, per esempio, un gruppo di scienziati della NASA guidati da Richard Hoover ha ritrovato, in un lago dell’Alaska, un batterio rimasto addormentato nei ghiacci per 32.000 anni e, più recentemente, i fisici Buford Price e Robert Rohde, entrambi dell'Università della California, a Berkeley hanno pubblicato un lavoro nel quale spiegano come questi microbi riescano a sopravvivere intrappolati nel ghiaccio sotto una coltre di 3 chilometri di neve.
I ricercatori hanno dimostrato che i microbi resistono a temperature che possono scendere fino a 55 gradi sotto zero, e a una pressione di 300 atmosfere, limitando la loro attività alla riparazione di eventuali danni molecolari, mentre traggono il poco che serve loro a sopravvivere da un sottilissimo strato d’acqua allo stato liquido, che si forma spontaneamente attorno a loro, dove trovano ossigeno, idrogeno, metano e altri gas.