Una delle conseguenze più importanti delle strategie europee di conservazione delle aree naturali e della restaurazione degli ecosistemi è che molte zone selvatiche stanno tornando a riempirsi di grandi carnivori - un'ottima notizia, che però ci costringe anche ad affrontare la questione della convivenza tra "loro" e "noi". L'esempio principe di questa situazione è quello dei lupi: da anni stanno ripopolando diverse aree del continente, e avvicinandosi sempre di più alle zone abitate dall'uomo.
Come si fa a convivere efficacemente senza disturbarsi a vicenda? La risposta, almeno stando a uno studio pubblicato su Frontiers in Conservation Science e condotto in Spagna nell'ultimo anno, è che non c'è una risposta univoca, ma la necessità di formulare strategie specifiche e diverse per ogni area.
Lo studio ha portato la ricercatrice dell'università di Leeds Hanna Pettersson a passare tutto il 2020 lontano da casa: per un anno ha vissuto in tre diverse località della Spagna, scelta perché è il Paese europeo con la più numerosa popolazione di lupi (tra i 2.000 e i 2.500 esemplari). Le comunità (il termine corretto è comarcas) studiate - La Carballeda, Oriente de Asturias e La Vera - sono state scelte in base al loro rapporto con i lupi: nella prima i predatori non si sono mai estinti e la comunità ci convive da sempre, nella seconda i lupi si sono estinti negli anni Cinquanta e sono tornati solo alla fine degli anni Ottanta, mentre nella terza i lupi non ci sono ma, stando alle previsioni, arriveranno nei prossimi anni.
Strategie differenti. Pettersson ha quindi cercato di capire come le tre differenti comunità affrontano la presenza (o l'imminente arrivo) dei lupi, passando intere giornate in compagnia degli allevatori locali e partecipando attivamente alla loro vita; e ha scoperto che le strategie di convivenza con i lupi cambiano molto a seconda di quanto tempo abbiamo passato insieme a questi predatori.
La comunità di La Carballeda, per esempio, il cui territorio comprende la riserva di caccia di Sierra de la Culebra, dove ogni anno è permesso ai cacciatori di sparare a un numero molto limitato di lupi per tenerne la popolazione sotto controllo, continua a usare i metodi di deterrenza più classici: recinti, cani da pastore addestrati a tenere lontani i lupi, e anche una costante presenza umana tutte le volte che il bestiame viene lasciato libero. Nelle Asturie, invece, dove i lupi sono tornati negli ultimi trent'anni, le autorità locali hanno stabilito delle compensazioni per gli allevatori il cui bestiame viene ucciso, ma la burocrazia rende poi difficile accedere a questi fondi.
Senza disturbare. Pettersson racconta però dell'operato di una ONG locale che, oltre ad aiutare i pastori danneggiati, rilascia certificazioni di sostenibilità a quelli che allevano usando i "vecchi metodi", senza disturbare i lupi o sparargli, ma proteggendo le greggi. Questa differenza di approccio riassume bene quella che è la conclusione di tutto lo studio: le soluzioni al problema della convivenza con i lupi vanno trovate a livello locale e confrontandosi con le singole comunità, perché le risposte "generaliste" non sono altrettanto efficaci.