La falena delle betulle (Biston betularia) è una piccola farfalla notturna diffusa in tutta Europa e in America settentrionale. Nonostante non sia particolarmente appariscente, è molto nota perché appare in tutti i libri di scuola come esempio di evoluzione per selezione naturale: le due forme della farfalla (quella bianca e quella nera) hanno una sopravvivenza differente secondo l’ambiente in cui vivono, un fatto che è la base dell'evoluzione.
Un gruppo di ricercatori inglesi ha ora scoperto quale parte del genoma cambia il colore della farfalla.
Un esempio da manuale. La storia della ricerca su questa farfalla delle betulle risale agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando un naturalista inglese, Bernard Kettlewell, studiò le dinamiche evolutive della due forme di questo lepidottero (quella bianca, denominata typica, e quella nera, carbonaria). La sua ricerca, durata alcuni anni, era volta a chiarire perché in alcune zone la farfalla chiara era molto più diffusa di quella nera, mentre il contrario accadeva altrove.
Scoprì così che, in condizioni naturali, la prima si mimetizzava sui tronchi degli alberi coperti di licheni bianchi, mentre la seconda - nera - sullo stesso sfondo era ben visibile e perciò facile preda degli uccelli. Kettlewell chiarì che la forma nera era più frequente di quella bianca proprio nelle zone inquinate.
Nell'Ottocento, infatti, la Rivoluzione Industriale aveva in alcune zone dell’Inghilterra ucciso i licheni e coperto i tronchi di fuliggine. Proprio qui le farfalle scure sopravvivevano di più perché erano meno visibili ai predatori.
Il naturalista dimostrò quindi come un agente della selezione naturale (gli uccelli insettivori) potevano cambiare rapidamente l’aspetto di una specie animale e quindi farlo evolvere.
Geni che camminano. Non era però chiaro come avvenisse il “salto” dalla forma bianca a quella nera. Pur sapendo che aveva una base genetica, gli evoluzionisti non avevano ancora capito quali fossero i geni responsabili. Alcuni studiosi inglesi sono riusciti a scoprire l’elemento che provoca questo cambiamento, e hanno pubblicato il lavoro sulla rivista Nature. Secondo questa ricerca, la mutazione coinvolge circa 22.000 nucleotidi (i singoli mattoni del Dna) che si sono inseriti in un tratto del gene chiamato cortex, che a sua volta influenza la formazione delle ali della farfalla.
Questo frammento di materiale genetico fa parte dei cosiddetti trasposoni, tratti di Dna capaci di spostarsi da una posizione all'altra del genoma, cambiando in tal modo (a volte) il metabolismo o l’aspetto del corpo. Non solo: simulando al computer la probabilità dello spostamento di questo trasposone, gli scienziati sono riusciti a determinare che la mutazione apparve per la prima volta attorno al 1819.
Una data che ben si combina con le prime osservazioni delle farfalle scure, che risalgono alla metà degli anni Quaranta di due secoli fa.