Quando pensate a uno squalo, è probabile che vi vengano in mente le specie che vivono in mare aperto, e che sono caratterizzate (tra le altre cose) dall'avere le pinne pettorali allungate e relativamente sottili. Si tratta però di una novità evolutiva relativamente recente, emersa circa 93 milioni di anni fa in seguito a un evento di riscaldamento globale che cambiò la forma corporea di molte specie di selaci, portando alla nascita dei predatori che conosciamo oggi. Lo dice uno studio pubblicato su Current Biology.
troppo caldo. Gli squali comparvero circa 200 milioni di anni fa, e per lungo tempo avevano tutti una forma molto simile: erano predatori cosiddetti bentonici, che vivevano quindi sul fondale e che avevano pinne pettorali corte e tozze. Però, 93 milioni di anni fa, una serie di eruzioni vulcaniche portò i livelli di CO2 nell'atmosfera a salire rapidamente, creando un effetto serra che fece aumentare le temperature globali, comprese quelle degli oceani, e a una diminuzione dell'ossigeno disponibile sui fondali.
Evoluzione. Gli squali dovettero quindi trovare un nuovo modo per respirare e per vivere in acque a una temperatura sopportabile: molte specie andarono quindi incontro a una rapida evoluzione della forma corporea, e in particolare delle pinne pettorali, che sono fondamentali per il nuoto e nello studio vengono paragonate alle nostre braccia.
Più efficienti. Le pinne si allungarono, il corpo degli squali si fece più affusolato e questi animali migliorarono anche le loro capacità di nuoto, consumando meno energia grazie alla loro forma più idrodinamica. Il risultato sono i selaci che conosciamo oggi, che vivono in mare aperto e hanno pinne lunghe e sottili. Non tutti gli squali, comunque, applicarono questa strategia: ancora oggi esistono molte specie bentoniche, che trovarono altri modi per sopravvivere in un ambiente meno ospitale.
Vale anche oggi? Si potrebbe pensare che, visto che siamo in un nuovo periodo di riscaldamento globale, anche gli squali moderni andranno incontro a un'evoluzione simile, ma gli autori dello studio mettono in guardia contro questa conclusione: la velocità dell'aumento delle temperature attuali non è paragonabile a quella di 93 milioni di anni fa, e ancora non sappiamo come gli squali reagiranno ai cambiamenti climatici causati dall'uomo.