Non date ascolto a Bram Stoker, lo scrittore irlandese autore del romanzo Dracula: il sangue non è la vita, per lo meno non nel senso in cui la intende il conte transilvano. Intendiamoci: in quanto veicolo per trasportare ossigeno alle cellule e anidride carbonica funziona alla perfezione. Come cibo, però? È pessimo e poco nutriente, e non è un caso che (quasi) non esistano mammiferi la cui dieta è esclusivamente sanguivora. L'eccezione alla regola sono i vampiri, tre specie di pipistrelli native del continente americano e che rappresentano gli unici mammiferi a nutrirsi esclusivamente di sangue.
Differenze... Ma se è vero che il plasma in quanto cibo non è un granché, come fanno i vampiri a sopravvivere? La risposta arriva da uno Science Advances, che rivela quali sono le differenze genetiche tra i vampiri e gli altri pipistrelli, e che cosa comportano per la loro dieta.
Il sangue, spiegano gli autori dello studio che hanno confrontato il genoma delle tre specie di vampiro con quello di altre 26 specie di pipistrelli con una dieta "normale" (insetti, frutta, nettare, carne), è un cibo impegnativo: è composto per il 78% di liquidi, ha un bassissimo contenuto calorico e i pochi nutrienti che contiene sono in gran parte proteine (il 93%), con pochissimi grassi e carboidrati.
Adattamento. Di conseguenza i vampiri si sono dovuti adattare: il loro stomaco, per esempio, si è modificato fino a diventare una sorta di sacca molle e che si espande facilmente, per contenere tutto il sangue che l'animale riesce a bere da una singola preda. Il fatto poi che il sangue contenga così pochi grassi e carboidrati significa che i vampiri non riescono a fare "scorte per l'inverno", e sono particolarmente sensibili al digiuno: 48 ore senza mangiare sono sufficienti a portarli alla morte.
Tutti questi adattamenti sono il riflesso delle differenze genetiche individuate dal team guidato da Moritz Blumer del Max Planck Institute di Dresda: rispetto ai loro parenti pipistrelli, i vampiri hanno perso o de-attivato 13 geni.
La perdita di funzionalità di questi geni è a sua volta collegata alle modifiche nella fisiologia e nel metabolismo dei vampiri rispetto agli altri pipistrelli; senza entrare in dettagli troppo tecnici, prendete l'esempio del gene chiamato REP15: la sua perdita ha migliorato la capacità dei vampiri di espellere gli eccessi di ferro, che è una componente importante del sangue e viene dunque assunto in grandi quantità.
Ognuno dei 13 geni persi ha un qualche riflesso sulle differenze tra vampiri e pipistrelli (e tutti gli altri mammiferi, in realtà), ed è un tassello del mosaico che permette a questi animali di nutrirsi esclusivamente di sangue.
Ovviamente il loro adattamento non ha solo basi genetiche: i vampiri hanno anche una vita sociale intensa e molto collaborativa, per cui se un individuo di una colonia ha fame perché non è riuscito a trovare una preda da "succhiare", gli altri membri lo aiuteranno rigurgitando un po' del loro pasto.
Le conseguenze. Questo comportamento ha a sua volta delle conseguenze fisiologiche: come dimostrato da un altro studio recente, pubblicato lo scorso novembre su Biology Letters, le colonie di vampiri hanno un "microbioma sociale" - in altre parole, i batteri che vivono nel loro apparato digerente intestino sono molto simili tra loro all'interno della stessa colonia, un vantaggio importante quando si condivide lo stesso cibo.