Circa 150 anni fa, nel corso del suo viaggio intorno al mondo a bordo del Beagle, Charles Darwin rimase particolarmente colpito dalle tartarughe marine, e in particolare dalla loro abilità nel migrare per migliaia di chilometri con apparente precisione fino a raggiungere i loro "bersagli", che molto spesso sono isole minuscole; un'impresa titanica in un ambiente privo di punti di riferimento come l'oceano. Da allora, il mistero delle loro capacità di navigazione non è ancora stato risolto, ma uno studio pubblicato sul Journal of the Royal Society propone una risposta che, ne siamo sicuri, lascerebbe anche Darwin a bocca aperta.
La strada più lunga. Lo studio, guidato da un team della Deakin University di Victoria, in Australia, ha coinvolto 22 esemplari di tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), una specie diffusa in tutti gli oceani del mondo e che compie ogni anno lunghi viaggi in cerca delle succitate isolette, che riesce a ritrovare con precisione assoluta. Gli animali sono stati dotati di GPS e i loro movimenti tracciati per due anni, nel 2018 e 2019: in questo modo i ricercatori hanno potuto seguire le tartarughe nei loro viaggi dai loro territori di caccia verso le spiagge dove depongono le uova e ritorno. E hanno così scoperto una prima cosa sorprendente: la maggior parte di questi viaggi sono più lunghi di quello che dovrebbero – molto più lunghi.
Il caso più clamoroso citato nello studio è quello di un esemplare che ha "puntato" un'isola a 176 km dal suo punto di partenza, e ha compiuto un percorso di 1.306 km per arrivarci.
Un'altra caratteristica di queste migrazioni all'apparenza inutilmente lunghe è che l'ultima parte del viaggio prevede sempre un periodo nel quale la tartaruga nuota in cerchi sempre più stretti. Secondo gli autori dello studio, la spiegazione di questo comportamento sta in una combinazione di due fattori: la capacità delle tartarughe marine di percepire il campo magnetico terrestre, e l'incapacità di costruirsi una mappa mentale "ad alta risoluzione" dell'oceano.
Alla ricerca dell'isoletta. In altre parole, questi animali hanno una vaga idea della direzione che devono seguire per raggiungere la meta, e usano il campo magnetico terrestre per ri-orientarsi nel caso in cui si accorgano di avere clamorosamente sbagliato direzione (tutti e 22 gli esemplari hanno dimostrato di saper correggere la rotta in breve tempo). Una volta che arrivano nella macro-area dove si trova il loro bersaglio, però, sono costrette a procedere per tentativi, nuotando in circolo nella speranza di imbattersi nella loro isola.
Insomma, potremmo aver sopravvalutato le straordinarie capacità di navigazione delle tartarughe marine, con buona pace di Charles Darwin.