La voce è uno degli strumenti più importanti a disposizione degli odontoceti (cioè i cetacei con i denti, come delfini, orche e capodogli). Serve loro per comunicare rapidamente a grandi distanze, perché il suono viaggia più velocemente sott'acqua che nell'aria, ma anche per individuare le loro prede, in maniera analoga a come fanno per esempio i pipistrelli: negli abissi marini il buio è impenetrabile, e bisogna affidarsi ad altri strumenti per trovare il cibo.
I ricercatori, però, si sono chiesti: se sott'acqua la pressione è così alta e l'aria è preziosa, come fanno i delfini a usare la loro voce, un'operazione costosa dal punto di vista energetico e che dovrebbe rischiare di lasciarli senza fiato? La risposta arriva da uno studio pubblicato su Science le cui conclusioni si potrebbero riassumere così: gli odontoceti hanno risolto il problema evolvendo una laringe nel naso.
La voce che scoppietta. Ovviamente si tratta di una semplificazione. La situazione è più complessa: la prima cosa scoperta nello studio, condotto grazie all'uso di telecamere specializzate endoscopiche (che cioè sono state inserite dentro gli esemplari studiati), è che i delfini e gli altri odontoceti non hanno un solo registro vocale, ma tre diversi, come noi umani.
Uno è la voce "di petto", usata per la maggior parte delle comunicazioni, il secondo invece è il falsetto, che produce frequenze più alte. Il terzo registro è quello che in inglese si chiama "vocal fry" (in italiano "laringalizzazione"): emette toni più bassi e viene prodotto aprendo le corde vocali per un tempo molto breve e richiudendole immediatamente. In questo modo, il suono che emerge "frigge", o come si dice più spesso "scoppietta": non è mai facile descrivere un suono a parole, ma se volete farvi un'idea potete guardare per esempio questo video (dedicato agli umani però, non ai delfini).
I vantaggi del vocal fry. Il vocal fry è un'arma potentissima negli abissi perché consuma pochissima aria, una caratteristica fondamentale per predatori che si spingono anche a 2 km di profondità per trovare cibo. Sia nei delfini sia negli altri odontoceti non è prodotto a livello delle corde vocali: lo studio ha scoperto infatti l'esistenza di una struttura funzionalmente simile alla nostra laringe, ma che si trova nel naso di questi mammiferi marini.
Questo consente loro di sopportare senza problemi gli effetti della pressione dovuta alla profondità, che comprime i polmoni e li espone anche a potenziali danni: non usandoli per la produzione di suoni, gli odontoceti minimizzano questi rischi. Tutto quello che serve loro è la poca aria che scorre nei canali nasali, e che può venire, grazie a questa "seconda laringe", convertita in suoni che vengono utilizzati per l'ecolocalizzazione, suoni emessi nell'ambiente che aiutano gli animali, attraverso gli echi, a stimare la distanza di prede e oggetti.