Uno degli effetti più immediati ed evidenti del riscaldamento globale è che moltissime specie viventi, animali ma anche vegetali, si stanno spostando sempre più in alto. Sia in termini di latitudine, con molte specie che stanno migrando verso i Poli in cerca di fresco, sia in termini di altitudine: sulle montagne di tutto il mondo è in corso una migrazione che coinvolge tutte quelle specie che non trovano più le condizioni ideali per vivere alle loro altitudini solite.
C'è però un problema: che fine faranno le specie che non sono attrezzate per resistere all'altura? Uno studio pubblicato sul Journal of Experimental Biology esplora il caso del colibrì di Anna, un uccello abituato a vivere anche in alta montagna ma che, come vedremo, ha dei limiti che verranno messi alla prova nei prossimi decenni.
Le sfide della montagna. La vita in alta montagna è complicata, per ragioni evidenti: innanzitutto fa freddo, e c'è quindi bisogno di un metabolismo molto attivo (e dispendioso) per mantenere la temperatura corporea. Un compito non facile considerando che in alta montagna l'aria è anche più rarefatta e meno ricca di ossigeno, del quale i colibrì di Anna hanno bisogno per tenersi costantemente attivi. Questo uccello è stato scelto perché ha un raggio d'azione molto ampio: si trova al livello del mare, ma anche in montagna fino a quasi 3.000 metri di altitudine.
Il team della University of California ha catturato alcuni esemplari di colibrì di Anna, presi sia dalla costa sia dai monti, e li ha portati in una voliera a 1215 metri di altitudine. Qui gli scienziati hanno potuto studiare il tasso metabolico degli animali in condizioni "normali", misurandone il consumo di ossigeno durante il giorno (e in particolare durante i loro pasti) e la produzione di CO2 durante la notte.
Più alto di così si muore. Dopodiché, gli uccelli sono stati portati nella stazione di ricerca in cima a Mount Barcroft, a 3.800 metri di altitudine: qui l'aria contiene il 39% in meno di ossigeno rispetto alla stazione precedente, e la temperatura è più bassa di circa 5 °C. Dopo aver lasciato loro qualche giorno di adattamento, gli scienziati hanno misurato il nuovo tasso metabolico dei colibrì di Anna, scoprendo un crollo del 37% rispetto alle misure effettuate 2.500 metri più in basso. Non solo: di notte, i colibrì hanno rallentato ulteriormente il loro, raggiungendo uno stato di torpore che consentiva loro di risparmiare ulteriormente energie.
L'esperimento ha quindi dimostrato che i colibrì hanno un problema: oltre una certa altitudine fanno più fatica a produrre energia e a mantenersi attivi (e quindi a nutrirsi). E considerando che anche loro, come moltissime altre specie, stanno spostando il loro areale verso altitudini maggiori, scappando in montagna per sfuggire al caldo eccessivo, nei prossimi anni potrebbero trovarsi di fronte a una barriera insuperabile: quella dei loro stessi limiti fisici.