Una nuova ricerca basata sulla datazione di un gran numero di reperti, su datazioni più precise e su nuovi metodi di analisi statistica dei risultati riaccende l'infinito dibattito sulle responsabità dell'estinzione di grandi mammiferi come mammut, tigri dai denti a sciabola, lupi giganti e altri. Le due principali posizioni non sono molto distanti tra loro, ma propongono due letture della storia ribaltate l'una rispetto all'altra. La prima attribuisce la responsabilità all'uomo, col contributo dei cambiamenti climatici (ne abbiamo parlato in Chi ha ucciso i grandi animali del passato?, nel 2014); la seconda incolpa i cambiamenti climatici, ma col contributo dell'uomo: questa interpretazione è oggi rafforzata dallo studio che presentiamo qui.
Durante il Pleistocene, a decretare l'estinzione dei pachidermi lanosi e di altre specie della cosiddetta megafauna (mammiferi pesanti più di 40-45 chili) è stato un rapido aumento della temperatura globale della Terra, un global warming che ha mutato l'ecosistema del pianeta.
Lo sostiene uno studio pubblicato su Science, che tuttavia non assolve del tutto l'Homo sapiens dalle proprie responsabilità.
Ricambio continuo. Negli ultimi 450 milioni di anni la Terra ha visto succedersi ben 5 estinzioni di massa (forse 6), determinate da eventi drammatici come ad esempio la caduta di un asteroide. Sebbene in scala minore rispetto a questi fenomeni critici, in tempi geologicamente più recenti c'è stata un'altra significativa transizione biotica, che a cavallo dell'ultima glaciazione (circa diecimila anni fa) ha visto la scomparsa di mammut, tigri dai denti a sciabola, rinoceronti lanosi e bradipi giganti.
Una delle teorie più accreditate, assecondata anche da una recente ricerca, sostiene che a sancire la fine degli imponenti mammiferi in Europa, Asia e Nordamerica sia stato l'Homo sapiens, che con le sue innovative tecniche di caccia si impose come nuovo super predatore, sterminando direttamente i mammut e altre specie erbivore o togliendo il cibo di bocca ai grossi carnivori.
Il caldo che non ti aspetti. Il nuovo studio, cui hanno collaborato scienziati australiani e statunitensi, evidenzia che dietro queste estinzioni ci sarebbero in realtà delle rapide fluttuazioni climatiche, conosciute con il nome di eventi Dansgaard-Oeschger.
Come spiega Alan Cooper, coordinatore dello studio e direttore dell'Australian Centre for Ancient DNA, nel corso dell'ultima Era Glaciale ci furono bruschi innalzamenti della temperatura che stravolsero la vegetazione e la distribuzione delle precipitazioni, causando l'inesorabile declino di molte specie animali.
Metodo. Combinando avanzati sistemi di analisi del DNA e di datazione radiometrica, i ricercatori hanno esaminato i fossili di vari musei, per poi confrontare i dati ottenuti con le informazioni sui cambiamenti climatici dell'emisfero settentrionale nel tardo Pleistocene - gli eventi Dansgaard-Oeschger possono essere datati con precisione tramite carotaggio dei ghiacci della Groenlandia.
Il raffronto, reso possibile grazie a un innovativo metodo statistico, ha così permesso di trovare una correlazione tra le preistoriche ondate di caldo e la decimazione della megafauna.
La mano dell'uomo. Chris Turney, che ha contribuito alla stesura del rapporto, afferma che nonostante la ricerca punti il dito sui mutamenti del clima, bisogna comunque riconoscere che anche l'Homo Sapiens ha avuto un ruolo nella scomparsa di mammiferi quali il mammut.
«Il repentino riscaldamento ha causato enormi cambiamenti per l'ambiente», conclude il docente della University of New South Wales (Australia), «ma l'ascesa degli esseri umani ha inflitto il colpo di grazia a una popolazione che era già sotto stress».