I parchi nazionali e le aree naturalistiche sono santuari dove gli animali possono vivere indisturbati e protetti dalle attività umane. Sono però anche luoghi che ci permettono di vedere queste stesse creature nel loro ambiente naturale: la possibilità di incontrare i suoi abitanti è uno dei motivi per cui visitiamo i parchi nazionali. Ma qual è la loro reazione alla nostra presenza?
Più o meno affollati. Nel caso di parchi particolarmente famosi (pensate a Yellowstone, che conta più di un milione di visitatori ogni anno) non è difficile immaginare che orsi, lupi e coyote siano costretti a cambiare le loro abitudini per evitarci il più possibile. Ma anche nei parchi più isolati e meno frequentati, la semplice presenza di un essere umano può essere sufficiente per spingere gli animali a modificare il loro comportamento in maniera anche radicale. Lo sostiene uno studio condotto in Alaska e pubblicato su People and Nature.
Lo studio è stato condotto da un team dell'università di Washington nel Glacier Bay National Park, nel sudest dell'Alaska: è un parco accessibile solo via aria o via mare, e i turisti che lo visitano vengono scaricati dalle navi da crociera al largo della riserva, e devono raggiungere la terraferma con barche più piccole. In altre parole, è un parco molto poco frequentato: ogni anno ospita circa 40.000 visitatori. È però molto ricco dal punto di vista faunistico, abitato tra l'altro da lupi, orsi neri, orsi bruni e alci.
Proprio queste quattro specie sono state scelte come soggetto dello studio: il team ha installato 40 fotocamere con sensori di movimento in 10 diverse aree del parco, e ha studiato il comportamento degli animali per due estati consecutive. In questo modo è stato possibile osservare direttamente la reazione di questi mammiferi alla presenza umana.
La prima cosa che il team ha potuto constatare è che, nelle aree del parco abitualmente frequentate dagli umani, le telecamere hanno individuato non più di cinque animali a settimana, a dimostrazione che lupi, orsi e alci evitano le zone più affollate. In più, tutte le aree nelle quali passano più di 40 persone a settimana le osservazioni si sono ridotte a zero. Nelle aree più intatte, al contrario, si sono registrate il maggior numero di osservazioni.
E dunque? Questo significa che le quattro specie studiate fanno il possibile per tenersi alla larga da noi, e che basta un singolo essere umano per spingere lupi, orsi e alci (e quindi con ogni probabilità anche altri animali) a cambiare le loro abitudini.
Secondo gli autori, è probabile che ripetendo l'esperienza in parchi più frequentati si ottengano risultati simili: una soluzione potrebbe essere quella di concentrare le attività umane nei parchi in aree ristrette, così da lasciare il resto del parco indisturbato (e quindi più accogliente per la fauna).