Animali

Bambini, e scimpanzé, "pagherebbero" per vedere una giusta punizione

I piccoli della nostra specie, e gli adulti di un nostro cugino, lo scimpanzé, sono disposti a pagare pur di vedere puniti i cattivi.

Molti comportamenti che si ritenevano propriamente umani sono presenti anche in altre specie animali, e in particolare nelle scimmie antropomorfe come lo scimpanzé o il bonobo. Senso di giustizia, correttezza, vendetta o altri atteggiamenti sono stati già studiati in altre specie. Ora, un nuovo studio condotto in varie università europee ha stabilito che bambini fino a sei anni e gli scimpanzé adulti sono ben contenti di “pagare” qualcosa pur di veder puniti i cattivi (ovviamente simulati).

Evvai! Picchia i cattivi. Nell'esperimento, descritto nell'articolo di Nature human behaviour, i ricercatori hanno fatto vedere ad alcuni bambini una rappresentazione di marionette nel quale il cattivo ‒ che si faceva dare un giochino dai bambini e non lo restituiva ‒ stava per essere punito. Per vedere la punizione, i bambini stessi avrebbero dovuto dare allo sperimentatore una moneta, altrimenti usata per ottenere un adesivo; incorrere cioè in un costo per loro.

Lo stesso esperimento è stato effettuato sugli scimpanzé; questa volta il “cattivo” era uno sperimentatore che portava via il cibo agli animali. In questo caso gli scimpanzé avrebbero dovuto aprire una pesante porta per vedere punito l’addetto che aveva loro portato via il cibo. Sia in un caso sia nell’altro i soggetti hanno volentieri “pagato” qualcosa (una moneta o uno sforzo muscolare) per vedere soddisfatta la loro sete di giustizia.

Società umane e animali. La punizione dei comportamenti antisociali quindi sembra abbia una base nel comportamento anche dei nostri cugini più vicini. Punire gli antisociali è una delle basi fondamentali perché la vita di gruppo si svolga senza intoppi, e il fatto che bambini e scimpanzé traggano soddisfazione nel vederlo fare dimostra (forse) che una delle parti più importanti della vita sociale ha antiche radici evolutive.

21 dicembre 2017 Marco Ferrari
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