Piccoli, enormi, sensibilissimi, grossolani. Gli occhi nel regno animale sono una delle strutture più presenti e più varie, ma anche tra le più misteriose. Tanto che persino Darwin, il padre dell'evoluzione, pensava che potessero mettere in dubbio la sua teoria (riteneva assurdo pensare che solo la selezione naturale potesse avere costruito una struttura perfetta come l'occhio). Ma sono anche così indispensabili che secondo alcuni studiosi la vita sulla Terra ha "scoperto" l'organo per catturare i raggi luminosi non una, non due, ma oltre 40 volte.
E in effetti una breve occhiata a tutte le specie svela una quantità impressionante di soluzioni. Se vogliamo costruire una scala di complessità (che non è una scala
"evolutiva" - ogni occhio ha il suo valore e la sua storia,
indipendentemente da come è fatto), si parte con semplicissime
macchioline sulla pelle in cui alcune cellule hanno assunto la funzione
di percepire i raggi luminosi. È ovvio che questi "occhi" elementari non
possono che percepire la differenza tra luce e ombra, e permettono
all'animale di nascondersi tra gli anfratti del suolo, lontano dalla
luce disseccante del Sole e dai nemici che possono vederli.
Guarda il mondo attraverso gli occhi di polpi, meduse, delfini, pesci e crostacei: in questo multimedia!
Occhi di questo tipo sono presenti in animali molto semplici, come i platelminti (definiti anche vermi piatti) che abitano nella sabbia o sotto le rocce in acque dolci o in mare. Per migliorare la vista partendo da lì, basta semplicemente infossare un po' la zona sensibile fino a farla diventare un incavo con una piccola "entrata", una specie di pupilla in cui i raggi luminosi si concentrano, e permettono una (sia pur minima) direzionalità. Ora si vede almeno vagamente da dove arriva la luce, e si può fuggire dall'altra parte. È un occhio però senza protezione e senza una lente che metta a fuoco: così sono quelli di uno dei molluschi più antichi, il nautilo. Che, vivendo a grande profondità, non ha una stringente necessità di una vista precisa.
Proprio la lente però, è l'invenzione che ha permesso all'occhio di fare un deciso salto di qualità. Non più solo differenze di luce e ombra o vaghe forme minacciose. Un occhio dotato di cristallino e di cornea, uno strato protettivo davanti a "buchino" da cui passa la luce, la pupilla, è molto simile a quello degli animali che conosciamo, come i mammiferi gli uccelli. Se però guardiamo con attenzione i veri dominatori del pianeta Terra, gli artropodi (che comprendono insetti e crostacei, tra gli altri) scopriamo che i loro occhi hanno una forma del tutto differente. Invece di essere formati da una sola struttura che percepisce e "raccoglie" i raggi luminosi per mandarli al cervello, mosche, api e gamberi hanno occhi formati da tante piccolissime parti, ognuna della quali è in grado di funzionare da occhio, e raduna i raggi di luce per lasciare al cervello il compito di elaborarli.
Molti occhi sembrano simili, ma in fondo sono estremamente diversi; anche se i molluschi come polpi e seppie hanno occhi simili ai nostri, per esempio, la loro organizzazione è del tutto differente (e molto migliore di quella dei mammiferi - per esempio un polpo non corre il pericolo di distacco della retina). Questo significa quindi, secondo alcuni evoluzionisti, che la vita si è data da fare per inventare strade diverse per arrivare sempre allo stesso organo. Ma altri ribattono invece che alla base di tutto ci sono molecole sensibili alla luce (le cosiddette opsine) e alcuni geni (come Pax-6) presenti ovunque, che funzionano allo stesso modo per tutti gli animali e danno nello sviluppo embrionale sempre le stesse istruzioni per costruire un organo di senso che catturi la luce. L'occhio come invenzione ancestrale, o scoperta continua nel corso della storia della vita, quindi? Alcuni evoluzionisti, come Russel Fernald, tagliano la testa al toro dicendo che le istruzioni e i materiali di base sono gli stessi, ma come assemblarli sta all'evoluzione e alla fantasia della specie.