Animali

Coronavirus 2019-nCoV: l'ospite intermedio del virus potrebbe essere il pangolino

Le sequenze del genoma del nuovo ceppo di coronavirus trovato in alcuni esemplari di pangolino sono identiche al 99 per cento a quelle delle persone infette.

L'epidemia del nuovo coronavirus cinese, che ha fatto centinaia di vittime e migliaia di infettati in Cina (soprattutto) e in diversi altri Paesi, Italia compresa, ha spinto a cercare di definire la "catena di eventi" che ha portato ai primi colpiti, e quindi alla diffusione del virus. Dato per scontato che il virus stesso fosse ospitato in alcune specie di pipistrello (forse Rhinolophus affinis, anche se alcuni esperti ne dubitano), il cosiddetto ospite intermedio, che in ultima analisi ha trasmesso il virus all'uomo, è rimasto finora sconosciuto.

Tutti i gli indizi portano ad animali messi in vendita nel mercato del pesce di Wuhan, in cui non si vende solo pesce, ma moltissime altre specie più o meno rare di animali, che vengono poi macellati sul posto. I primi sospetti caddero su due specie di serpenti, ma successivamente ci si rivolse non a rettili ma a mammiferi, come la civetta delle palme comune (Paradoxurus hermaphroditus: un viverride, non l'uccello). Il 6 febbraio la South China Agricultural University ha reso noto che il genoma del virus presente nell'uomo è per il 99% uguale a quello che si ritrova nel pangolino. I pangolini sono un gruppo di specie di mammiferi molto particolari, che con varie forme popolano l'Africa e l'Asia: sono animali dell'ordine dei Pholidoti, relativamente piccoli e con il corpo coperto di scaglie. Si nutrono di formiche e termiti, di cui rompono i nidi con gli unghioni anteriori. Anche se assomigliano ad armadilli e formichieri, ne sono solo lontani parenti.

Le reazioni alla breve comunicazione dell'università cinese sono state di cauta attenzione, perché non ci sono i particolari dello studio né è specificata la specie di pangolino coinvolta (che potrebbe essere il pangolino del Borneo, Manis javanica). Efstathios Giotis, ricercatore nel Dipartimento di Malattia Infettive dell'Imperial College a Londra, afferma che «per quanto ne so non disponiamo dei dati effettivi e l'annuncio è stato breve: non ha fornito informazioni sui parametri e sui ricercatori coinvolti. Tuttavia, ciò non significa che la notizia non sia credibile. L'identificazione di un virus identico al 99% nei pangolini suggerisce che questi hanno un ruolo importante nel ciclo di vita del virus, presumibilmente come ospiti intermedi».

Contrappasso. Se l'ospite intermedio del virus fosse realmente il pangolino, si tratterebbe di una specie di "vendetta indiretta". Tutte le specie di questo curioso e indifeso mammifero sono infatti minacciate proprio dalle abitudini alimentari e medicinali del popolo cinese.

La carne è considerata una delicatezza (come quella di molti altri animali in via di estinzione), e le scaglie di cui è ricoperto sono usate nella medicina tradizionale cinese - benché siano fatte di cheratina, lo stesso materiale di cui sono fatte le nostre unghie. Bloccare - com'è stato fatto - il commercio di animali selvatici, e a maggior ragione di quelli rari, è considerato il primo indispensabile passo per impedire la diffusione di questo e di nuovi, futuri virus. Secondo James Wood, che guida il dipartimento di medicina veterinaria all'Università di Cambridge (UK), «qualunque sia il risultato di queste indagini, lavorare per porre fine al commercio di animali selvatici può aiutare a risolvere alcuni dei rischi a lungo termine associati ai bacini animali delle zoonosi».

7 febbraio 2020 Marco Ferrari
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