Motori

I test della Nasa sul motore impossibile. Funziona, (ma)...

Un team di lavoro su ricerche sperimentali della Nasa pubblica i dati ufficiali dei test sull'EmDrive: pare che funzioni, ma i risultati non convincono tutti.

Dopo tanti dubbi e altrettante fantasiose speculazioni, un team di ricercatori della Nasa ha infine detto la sua sull'EmDrive, il motore impossibile, e il verdetto è che

sì, funziona
lo studio con i risultati dei test sul modello è pubblicato su Aerospace Research Central, insieme all'elenco e alla qualifica dei ricercatori che hanno condotto lo studio,
ma attenzione...

Con questo test si sostiene che esisterebbe un sistema di propulsione elettromagnetica capace di alimentare un veicolo spaziale senza utilizzare propellente e senza emettere nulla dal motore stesso. Il propulsore convertirebbe l'elettricità in spinta facendo rimbalzare microonde in una cavità chiusa. In teoria, un motore del genere potrebbe inviare un veicolo fino a Marte in soli 70 giorni (vedi EmDrive: indiscrezioni sul motore impossibile).

Il laboratorio dov'è stata misurata la spinta dell'EmDrive.

Tutti i condizionali sono d'obbligo, come si usa dire: lo studio è un official peer-reviewed paper, ossia un documento ufficiale passato al vaglio di altri scienziati, il cui compito è quello di confermare la validità delle conclusioni rispetto al protocollo (non la validità in assoluto delle conclusioni). Nella comunità scientifica vi sono infatti perplessità sul metodo e, a monte, sulla stessa fisica su cui si basarebbe il motore.

L'EmDrive è un'idea di circa 20 anni fa di uno scienziato britannico, Roger Shawyer. Dopo una serie di discussi tentativi e test (in particolare in Cina), l'idea è stata infine messa alla prova da ricercatori dell’Advanced Propulsion Physics Research Laboratory: sul sito della Nasa la pagina che descrive nascita e scopo di questo gruppo di ricerca, e su Facebook la pagina del gruppo, aggiornata però molto sporadicamente.

Contro Newton. Perché tanta resistenza nella comunità scientifica? Cerchiamo di farla semplice: il motore genera una spinta grazie al "rimbalzo! di energia elettromagnetica - nel caso specifico, microonde di fotoni in una camera a forma di tronco di cono chiuso. I fotoni, scontrandosi con le pareti della camera, spingono in avanti il dispositivo, nonostante non venga rilasciato nulla dalla camera stessa. Azione senza reazione?

È un po' come sentirsi dire che a bordo di una barca a vela si può navigare (in avanti) soffiando sulla vela... Qualunque "motore", anche i motori a ioni in uso su alcune navicelle spaziali, creano una spinta in avanti rilasciando gas o fasci di ioni, perché (tutti) devono rispondere alla terza legge di Newton: per ottenere una reazione (la spinta in avanti di un razzo) ci deve essere un’azione (l’emissione dei gas da un ugello).

La solita meccanica quantistica. Il nuovo motore dovrebbe dunque permettere a futuri veicoli spaziali di sfrecciare tra un pianeta e l’altro senza caricare carburante: basterebbe raccogliere la luce del Sole - o di qualunque altra stella - per produrre l'energia elettromagnetica necessaria.

A questo punto la domanda è molto, molto semplice: quale legge fisica governa questo motore?

Al momento nessuno è in grado di dare una risposta precisa, neppure i ricercatori della Nasa autori dello studio, che si limitano all'ipotesi della pilot-wave, un’interpretazione controversa della meccanica quantistica che tuttavia negli ultimi anni ha raccolto qualche consenso tra i fisici.

Giusto per complicare la discussione, Roger Shawyer (l'inventore) afferma che forse non è necessario disturbare la meccanica quantistica per spiegare l'EmDrive.

Dubbi a gogò. Nonostante i test, e nonostante la verifica del protocollo dei test, sono molti i fisici che sostengono che l'EmDrive non può funzionare: è possibile (si afferma) che i risultati (peraltro non eclatanti in termini di spinta) siano il risultato di test ingannevoli o mal concepiti.

Difendeva in modo molto lucido ed equilibrato una posizione scettica, per esempio, l'astrofisico Brian Koberlein in un articolo che ha preceduto di qualche mese la versione "peer-reviewed" dello studio. Altre considerazioni sono riassunte in questo articolo di Discover.

Pare dunque che per conoscere la verità bisognerà aspettare che qualcuno costruisca un vero EmDrive e lo provi in condizioni reali, ossia per muovere o sollevare qualcosa... E pare anche che questo sia effettivamente il programma di Guido Fetta (americano), ingegnere chimico e inventore, fondatore di Cannae Inc., inventore del Cannae Drive, un motore a propulsione magnetica derivato dal progetto di Roger Shawyer: se non è un'altra storia infinita nello stile della fusione fredda di Andrea Rossi, torneremo a parlarne.

22 novembre 2016 Luigi Bignami
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