Innovazione

Ann Arbor, la città delle auto intelligenti

Esiste una città dove si studiano auto così intelligenti da evitare le collisioni: ne circolano già 3000 e... funzionano.

Ann Arbor, Michigan, una pugno di case e 100.000 abitanti alle spalle di Detroit, la capitale americana dell'automobile. Qui gli automobilisti non sono più intelligenti che in altre parti del mondo, ma le loro auto sì. Per le strade di questa piccola cittadina a stelle e strisce circola infatti una flotta di circa 3.000 veicoli che dialogano costantemente tra loro e con l'infrastruttura stradale.

Obiettivo: incidenti zero.
La futuristica sperimentazione è guidata, nel vero senso della parola, dal dipartimento dei trasporti dell'Università del Michigan e ha come obiettivo l'azzeramento del numero di incidenti e il miglioramento dell'efficienza nella gestione del traffico. Sì, avete capito bene, Peter Sweatman, responsabile del progetto, vuole ridurre a zero le collisioni tra i veicoli coinvolti nel Safety Pilot Model Dployment project. Un obiettivo ambizioso, visto che solo negli USA ogni anno oltre 32.000 persone trovano la morte sulle strade.
Ma come funzionano le auto di Ann Harbor? In maniera molto semplice, almeno dal punto di vista teorico, combinando tra loro tecnologie ormai consolidate come la navigazione GPS e la trasmissione dati in mobilità. Ogni veicolo partecipante al progetto, auto ma anche camion e autobus, è equipaggiato con un sistema di comunicazione grazie al quale può comunicare agli altri mezzi i propri parametri di marcia come la velocità, la direzione, la posizione.

L'auto con i sensi all'erta.
Se il sistema rileva qualcosa di anomalo, per esempio un improvviso rallentamento delle auto che precedono o il rischio di una collisione, avverte il guidatore con un segnale acustico e un segnale luminoso sul cruscotto. Oltre che tra di loro, le auto sono anche in costante collegamento con l'infrastruttura stradale: ben 29 degli incroci di Ann Arbor sono informatizzati e cablati in modo da poter dialogare con i veicoli. I semafori sono per esempio in grado di analizzare i flussi di traffico in modo da renderlo più fluido e scorrevole ed evitare gli ingorghi.

La smartcar di mammà.
I partecipanti a questo futuristico esperimento sono tutti volontari che hanno chiesto di essere inseriti nel progetto e che hanno accettato di farsi montare sull'auto tutta la necessaria strumentazione: un GPS, due antenne per la trasmissione dati, una scatola nera che registra tutti i parametri di viaggio del veicolo e un computer che collega il tutto. Due terzi dei volontari sono gentori dei ragazzi che frequentano le scuole cittadine: l'idea è che una mamma o un papà usino spesso l'auto per portare i figli a scuola o a fare sport e che quindi i veicoli e i flussi di traffico si muovano nelle stesse zone. “Stimiamo che in ogni flusso di traffico sia presente almeno un 5-10% di auto intelligenti” spiega Peter Sweatman.

Il futuro del futuro. Il prossimo passo sarà quello di estendere l'intervento dell'elettronica su specifiche componenti dei veicoli in modo da interecettare i potenziali pericoli con largo anticipo. Per esempio installando dei sensori sui freni che possano rilevare una frenata improvvisa e comunicare il rischio di tamponamento a tutti i veicoli che seguono. O, in caso di incidente, deviare il traffico su strade alternative per permettere un più rapido intervento dei mezzi di emergenza.
Ma... non si era detto che il futuro del trasporto sarebbe stata l'auto senza conducente? Quella di Google per intenderci. “Forse sì” sostiene Sweatman, “ma non è ipotizzabile uno scenario di questo tipo che non preveda una costante e continua comunicazione dei mezzi tra di loro e con la strada”.

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16 ottobre 2012 Franco Severo
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