Da circa 40 anni i radiotelescopi del SETI sono in ascolto di possibili messaggi extraterrestri. Finora non hanno avuto fortuna: come capire allora se, quando i segnali arriveranno, sapremo comprenderli?
René Heller, uno scienziato del Max Planck Institute for Solar System Research di Gottingen, Germania, ha organizzato un'esercitazione generale da dare in pasto alla Rete. Si è messo nei panni di un alieno in grado di contare e con un corpo che si possa vedere e descrivere.
Quindi, ha creato un messaggio in cui il fantomatico extraterrestre descrive il proprio sistema planetario in codice binario e, lo scorso 26 aprile, l'ha postato su Twitter e su Facebook sfidando gli utenti a decifrarlo entro un mese.
Siamo fatti così. Alcune parti del messaggio - costituito in totale, da circa 2 milioni di 0 e 1 - disegnavano una "foto" del presunto extraterrestre; un'altra porzione elencava i primi 757 numeri primi, per segnalare a chi si stesse cimentando nella soluzione che i numeri erano cruciali per capire il significato del codice.
#SETI Decrypt Challenge. How2:https://t.co/nMq1zeQfcx, Mssg:https://t.co/URej7kfD79 @AstrobiologyNAI @SETIInstitute pic.twitter.com/ppDnFAYdWv
— René Heller (@DrReneHeller) 26 aprile 2016
"chi siamo". Una terza sezione forniva informazioni generali sui mittenti, come la loro altezza media e la durata della vita o la collocazione del loro pianeta nello Spazio - il tutto, chiaramente, non utilizzando sistemi di misurazione terrestri, ma unità derivanti da costanti naturali come la velocità della luce e la costante di Planck. Vi sembra complicato? Lo è, eppure sono arrivate circa 300 risposte, 66 delle quali corrette.
Spazi incolmabili? Secondo Claudio Grimaldi, fisico del Politecnico federale di Losanna (EPFL) intervistato dal New Scientist, l'esperimento ci racconta più come funzionano gli umani, di come capiremmo gli alieni. Ci dice che con i messaggi cifrati ce la caviamo bene: ma siccome è stato un umano a elaborarli, non è detto che con un codice extraterrestre andremmo altrettanto sul sicuro. Del resto è molti anni che proviamo a interpretare il linguaggio dei delfini, e ancora con scarsi risultati.