Scienze

L'Italia del terremoto

La magnitudo del sisma del 24 agosto 2016, le differenze nelle misure, i terremoti del passato e ciò che sappiamo oggi della faglia che corre lungo la catena appenninica.

Mercoledì 24 agosto 2016 alle ore 3:36 un terremoto scuoteva l’Italia centrale: a due settimane dall'evento principale, e mentre prosegue lo sciame sismico, facciamo il punto su alcune questioni più tecniche per riassumere che cosa è accaduto (dal punto di vista della geologia), che cosa abbiamo imparato, e per cercare di capire che cosa dobbiamo aspettarci.

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Il sisma Secondo l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) la scossa principale è stata di magnitudo 6.0. Da quel momento, la Rete Sismica Nazionale ha localizzato oltre 6.200 eventi: di questi, circa 160 con una magnitudo tra 3.0 e 4.0; 15 tra 4.0 e 5.0 e uno di magnitudo 5.4 avvenuto lo stesso 24 agosto, alle 4.33.

La scossa principale è avvenuta a 4 chilometri di profondità (ipocentro), mentre la maggior parte delle altre sono state localizzate entro i primi 10 chilometri di profondità. Quasi tutte le repliche sono state localizzate in una fascia tra Norcia e Amatrice lunga circa 25 chilometri e larga 12 chilometri.

Disparità di valori: 6.0 e 6.2 Secondo le misurazioni dell’Ingv l'evento principale è stato di magnitudo 6.0, mentre per l’Usgs, il servizio geologico statunitense, è stato di magnitudo 6.2: qual è la misura effettiva? Può sembrare una domanda futile, e certo lo è per i cittadini che hanno subito il dramma.

La chiave di lettura scientifica, tuttavia, non è banale: i metodi, gli strumenti di misura e l'affidabilità delle misure stesse aiutano a comprendere meglio questi eventi, che al momento - vogliamo ricordarlo - sono impredicibili, benché statisticamente prevedibili per condizioni geologiche note. E la comprensione degli eventi contribuisce a una migliore pianificazione delle misure di sicurezza.

Torniamo dunque alla disparità delle misure. Ingv e Usgs avevano, in quel momento, entrambi ragione, perché i valori sono stati calcolati con scale di magnitudo leggermente diverse e modelli differenti. L’Ingv ha utilizzato la magnitudo Richter, oggi definita anche magnitudo locale (Ml): è un metodo di interpretazione dei dati dei sismografi semplice da usare, rapido e valido in particolare se il sisma avviene entro un raggio di 600 km rispetto alle stazioni di rilevamento. È un metodo semplice perché necessita del solo valore dell’ampiezza delle oscillazioni di un sismogramma.

L’Usgs ha invece usato la magnitudo momento (Mw), che utilizza tutte le frequenze emesse da un sisma, che si possono propagare anche a grandi distanze. È più precisa della magnitudo locale per terremoti di forte intensità, superiori a quelli che generalmente avvengono in Italia.

Va comunque aggiunto che, in seguito, l’Ingv ha calcolato anche la magnitudo momento per l'evento del 24 agosto, e il risultato è stato ancora di 6.0: il motivo è che il modello geologico del nostro territorio usato dagli italiani per questo calcolo è diverso, e più preciso, di quello usato dall'ente americano.

L'unità di misura della scala di magnitudo del momento sismico (in sigla MMS) è Mw, che sta per mechanical work (lavoro meccanico). Definita sulla base dei primi lavori (1977) di Hiroo Kanamori, è quasi coincidente con la scala Richter, ma permette di misurare eventi più potenti.

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© Protezione Civile / P&G Infograph

Zona altamente sismica L’area colpita dal terremoto rientra nella fascia ad altissima pericolosità sismica che corre lungo l’asse della catena appenninica. La fascia presenta un potenziale di accelerazione del suolo legato a un sisma tra i più alti del territorio italiano. In ultima analisi, significa che si sarebbero dovute costruire infrastrutture con i più elevati parametri antisismici.

Dati storici Il più antico terremoto registrato nell’area risale al 1627, con possibile epicentro proprio ad Accumoli: le descrizioni storiche suggeriscono che potrebbe essere stato di magnitudo 5-5.3. Il terremoto più intenso, invece, si ebbe nel 1639, con epicentro ad Amatrice. In base alle registrazioni dell'epoca si suppone possa essere stato di magnitudo 6.2: devastò Amatrice e varie località circostanti, quasi una fotocopia del terremoto del 2016. Quel sisma fu seguito pochi anni dopo da due eventi di energia più bassa, avvenuti nel 1646 (forse M 5.9) e nel 1672 (forse M 5.3).

La faglia Numerosi sono stati i rilevamenti eseguiti a terra, tramite punti misurati con Gps, e da satellite. I dati Gps evidenziano il movimento lungo una faglia (ossia di una frattura della crosta) orientata SSE-NNW (sud-sud-est, nord-nord-ovest): la crosta è inclinata e “sprofonda” verso sud-ovest (in linguaggio più tecnico, si dice che "si immerge” verso sud-ovest). Stando ai dati finora raccolti sembra che la durata del movimento di faglia sia stato di circa 8 secondi.

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© Protezione Civile / P&G Infograph

Quanto rilevato a terra è stato confermato dai satelliti utilizzati per questo tipo di analisi: i Cosmo Sky-med dell’Agenzia spaziale italiana e del Ministero della difesa e i Sentinel dell’Agenzia spaziale europea. In particolare questi ultimi hanno rilevato che la deformazione più importante si è verificata vicino ad Accumoli, dove si è registrato un movimento verticale di circa 20 centimetri e orizzontale di circa 16. I dati sono il risultato del confronto di immagini ottenute prima e dopo il sisma.

Il quadro geologico locale In seguito all'evento principale e alle numerose repliche si è potuto stabilire che il corpo della crosta terrestre implicato nel fenomeno è orientato lungo lo stesso asse della catena degli Appennini. Si estende per circa 25-30 chilometri tra i comuni di Norcia e Amatrice, è largo circa 10-12 chilometri e sprofonda fino a 10-12 chilometri. Questo corpo geologico presenta al suo interno vari segmenti di una probabile unica faglia.

La scossa principale (24 agosto) ha messo in movimento uno di quei segmenti: la rottura ha avuto inizio nei pressi di Accumoli e si è propagata da un lato verso S-SE, in direzione di Amatrice, e dall’altro verso N-NW in direzione di Norcia. Al momento non è ancora chiaro se a muoversi sia stato realmente solo un segmento della faglia o più di uno. Quel che è certo è che le scosse successive sono arrivate anche dal segmento di faglia del Monte Vettore e da altre faglie minori.

Il quadro geologico a più vasta scala L’area appenninica interessata dal terremoto del 24 agosto rientra nella placca Adria, un promontorio della placca africana (che secondo alcune ricerche sarebbe ormai indipendente da quest’ultima) che comprende il Mare Adriatico, la Pianura Padana e la fascia più orientale degli Appennini.

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A nord, la collisione tra la placca Adria e quella Europea ha prodotto la formazione delle Alpi, dove la placca Europea si infila sotto l’Adria (subduzione). Lungo la catena appenninica si ha una situazione opposta: la placca Adria subduce, ossia va sotto quella Europea. Questa situazione porta a una grande complessità geologica, con aree sottoposte a forte compressione e altre a distensione, come nella fascia interessata dal sisma del 24 agosto. Fenomeni che continueranno molto a lungo, finché un giorno il movimento verso nord est della placca Adria e della placca Africana non chiuderanno quasi del tutto il Mare Mediterraneo, così che Africa ed Europa diverranno un unico continente.

Che cosa succederà A oggi nessuno è in grado di predire quando terminerà lo sciame sismico (per confronto con eventi simili, potrebbe anche protrarsi per mesi) e nessuno è in grado di dire se ci sarà o meno una nuova scossa di magnitudo prossima o superiore a 6 (anche in questo caso, per confronto, non è da escludere anche a distanza di mesi). È invece certo che la Placca Adria è in movimento verso NNE e le conseguenze non si faranno sentire solo lungo l’arco appenninico, ma anche in prossimità dell’Italia nord-orientale dove l’Adria si scontra con la placca Europea: un'area a rischio, come ci ricorda il terremoto del Friuli del 1976.

7 settembre 2016 Luigi Bignami
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