Molti grandi ricercatori - del passato e anche contemporanei -, per amore della scienza o per l’impossibilità di trovare volontari, non hanno esitato a sperimentare su se stessi le teorie oggetto dei loro studi. Spesso con conseguenze drammatiche.
Chi sono stati questi coraggiosi pionieri? Quali sono state le loro storie più curiose (e tragiche)?
FRATTURARSI DI MESTIERE
Nel 1954 John Stapp, medico della US AIR FORCE, decise di sperimentare in prima persona gli effetti dell’accelerazione e della decelerazione sul fisico umano. Aiutato da un team di ingegneri realizzò una slitta spinta da un motore a razzo capace raggiungere la velocità di 1000 chilometri orari in appena 5 secondi per poi arrestarsi in meno di un secondo e mezzo. Stapp si fece assicurare al seggiolino e… si fece letteralmente sparare, più veloce di una pallottola, affrontando forze di oltre 40 g.
I risultati dell’esperimento furono devastanti: il medico, sebbene ancora vivo, si fratturò il collo, numerose costole e subì un grave distaccamento della retina.
Il suo studio contribuì però ad aumentare la sicurezza di piloti, astronauti e di tutti coloro che si trovano a viaggiare ad altissime velocità.
PROFESSIONE DUMMIES
E c’è anche chi ha deciso di fare degli incidenti un vero e proprio mestiere: per esempio Rusty Haight direttore dell' Istituto per la Sicurezza della Collisioni della California e detentore del Guiness dei Primati come uomo che ha effettuato in prima persona il maggior numero di crash test.
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sicurezza stradale
http://rustyhaight.com
Non tutti i ricercatori sono fortunati come Haight (vedi pagina precedente).
Alla fine del ‘700 il medico inglese Humprey Davy, nel corso di una ricerca sui gas medicinali, sperimentandoli su se stesso, si intossicò in modo grave, riportando danni permanenti e mettendo a repentaglio la sua stessa vita.
Ma dal momento che l’amicizia si vede nel momento del bisogno, decise di coinvolgere nei test un suo celebre amico, il poeta Samuel Taylor Coleridge, autore delle Ballate liriche, opera che convenzionalmente segna l'inizio del romanticismo.
La pericolosa ricerca portò comunque i suoi frutti: Davy riusci infatti a mettere a punto l’ossido nitroso, o gas esilarante, una sostanza volatile dalle proprietà analgesiche.
Anche Carl Scheele, il chimico svedese che a metà del ‘700 per primo scoprì l’ossigeno, non fu mai troppo schizzinoso se c’era da "assaggiare" qualche sostanza: provò su se stesso quasi tutto, anche materiali estremamente tossici come il mercurio o il molibdeno, che con tutta probabilità provocarono la sua prematura scomparsa.
UN NOBEL VAL BENE UNA GASTRITE
«Utilizzare se stessi come cavie può contribuire a far vincere il premio Nobel», racconta a Focus.it Berardino Vaira, docente di Medicina Interna all’Università di Bologna. «Ne sa qualcosa Barry Marshall, studente australiano di medicina, che durante le vacanze di Pasqua del 1980 dimenticò dei campioni di stomaco umano in coltura per 5 giorni. Al suo rientro scoprì che si erano formate nel vetrino delle colonie batteriche» continua Vaira. Era l’Helicobacter Pylori. La scoperta era particolarmente interessante perché fino ad allora si era sempre ritenuto che lo stomaco umano fosse un ambiente sterile.
Robin Warren, il professore con il quale Marshall stava preparando la propria tesi, aveva da tempo ipotizzato una correlazione tra questi batteri e la gastrite ma ora aveva bisogno di prove. Chiese quindi al suo studente di bere un bicchiere di Helicobacter: Marshall ubbidì, si ammalò di gastrite e Warren lo curò in appena 8 giorni con un comune antibiotico. Nel 2005 Warren e Marshal vinsero il Nobel per la medicina per aver scoperto la causa e la cura per la gastrite e l'ulcera peptica.
L’esperimento di Marshall e Warren vi sembra doloroso? A qualcuno è andata molto peggio: Daniel Carriòn, uno studente di medicina sud americano della metà dell'800, decise di studiare la correlazione tra la febbre di Oroya, una malattia mortale e semisconosciuta che aveva provocato centinaia di morti in tutto il Perù, e un’eruzione cutanea molto violenta, nota come "verruca peruviana".
Carriòn si inoculò il siero prelevato dalle piaghe di un piccolo paziente affetto dalla malattia della pelle, e in breve tempo si ammalò. Contrasse la febbre di Oroya, e morì dopo un mese. Non senza aver coscienziosamente annotato giorno per giorno sintomi ed evoluzione della malattia.
Carriòn dimostrò così alla comunità scientifica che la verruca peruviana e la febbre di Oroya sono la versione cronica e acuta di una stessa malattia.
Isaac Newton, attorno al 1660, per mettere a punto le sue teorie sulla luce, passò diverso tempo ad osservare direttamente il Sole. Incredibilmente, nonostante le scarse protezioni di cui poteva disporre all’epoca, non divenne cieco e i suoi studi contribuirono a chiarire meccanismi, leggi e proprietà della luce e dell’ottica.
Circa 110 anni dopo, verso il 1790, Thomas Young, geniale medico e scienziato inglese, scoprì l’accomodamento, cioè la capacità dell’occhio di mettere a fuoco oggetti a distanze diverse allungando o contraendo il cristallino. Per fare questo utilizzò un piccolo uncino, con il quale bloccò il fondo del proprio occhio, in modo che non potesse effettuare la corretta messa a fuoco, e tentò di osservare oggetti molto vicini che risultavano sfuocati.
Nel video l'inserimento di un cattere in un cuore umano. Forrsmann fece per tale operazione per la prima volta su se stesso.
IL DOLORE E LA BEFFA
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Werner Forrsmann
Lo stesso Pierre Curie, il fisico francese che scoprì la radioattività, ne dimostrò su se stesso i terribili effetti: si legò a un braccio per 10 ore un piccolo cristallo di sale di radio e 50 giorni dopo mostrò la ferita, ancora ben visibile, agli uditori di una sua conferenza presso la Royal Accademy. Morì nel 1906, a soli 47 anni per gli effetti delle radiazioni oggetto dei suoi studi.
Ma la scienza non è fatta solo di eroi: ci sono scienziati che hanno provato a farsi un nome raccontando un sacco di bufale. Scoprili nel nostro speciale.