Duemilacinquecento anni fa il filosofo greco Zenone di Elea ha dimostrato che il movimento è un'illusione. Uno dei suoi più famosi paradossi mette in campo il Pelide Achille (il Pie' Veloce) in competizione con una tartaruga a cui è concesso "un piede di vantaggio": l'eroe non riuscirà mai raggiungere la tartaruga, sostiene Zenone, perché deve prima coprire quel piede di vantaggio, ma a quel punto la tartaruga si è spostata in avanti di un po'. Achille dovrà dunque arrivare alla nuova posizione ma nel frattempo la tartaruga è avanzata ancora, e così via all'infinito.
Nella sua esposizione generale Zenone afferma che per coprire qualsiasi distanza è necessario innanzi tutto coprire metà di quella distanza, poi la metà di ciò che resta e poi ancora la metà della rimanenza e poi ancora e ancora. Sembra proprio che non si possa mai arrivare da nessuna parte, non importa quale sia la distanza iniziale o quanto velocemente ci si muova.
Il ragionamento-trappola non fa una grinza, al punto che Zenone, Achille e la tartaruga sono rimasti protagonisti di infinite disquisizioni filosofiche, matematiche e letterarie - benché pare che Diogene di Sinope, quasi contemporaneo di Zenone, avesse già liquidato la questione in pochi secondi e senza dire una parola, semplicemente alzandosi e camminando.
Realtà a parte, il vero problema di Zenone e della sua "confutazione del movimento" erano gli strumenti matematici: egli era infatti convinto che il limite di una somma di infiniti elementi fosse esso stesso infinito (mentre non è necessariamente così).
Ed è perciò ancora più sorprendente, duemilacinquecento anni dopo, scoprire che nel mondo un po' folle della meccanica quantistica non c'è una risposta sensata ("reale") per Zenone: nel mondo subatomico non esiste il concetto di traiettoria di una particella, non è necessario pensare che ci siano "entità che esistono e si comportano in maniera determinata", non è necessario pensare che esista il movimento.
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