Scienze

E-Cat, il test del 6 ottobre: le domande del giorno dopo

Il test di Bologna è stato il primo del suo genere: Andrea Rossi ha fatto un passo in più per dimostrare che la sua idea funziona, ma non tutti pensano che sia sufficiente.

L'E-Cat è stato predisposto per funzionare a un terzo della sua potenza

A noi di Focus Rossi ha chiesto di arrivare per le 12. La giornata dell'E-Cat è però iniziata attorno alle 9 del mattino, quando è stato pesato. L'operazione è stata poi ripetuta la sera: il confronto delle pesate è servito a escludere che nel sistema chiuso siano avvenute reazioni di combustione chimica.

La pesa è stata eseguita anche sulla quantità di idrogeno introdotta nella cella dell'E-Cat dove partecipa col nickel a una reazione di tipo nucleare la cui natura non è, per la scienza, del tutto chiara, perché avviene a temperature modeste e apparentemente senza rischio radiologico.

Il nickel, metallo comune ed economico, è appunto l'altro elemento che Rossi dichiara esserci nel suo catalizzatore di energia. Non sappiamo invece nulla di certo sullo stato del nickel (se è in nanoparticelle, lamine ultrasottili o di spessore nanometrico o altro ancora) e possiamo dire ancora meno sull'ipotesi di un "additivo" e sulla sua natura. L'inventore dichiara infatti che questi aspetti dell'E-Cat sono il suo segreto industriale e che per adesso non ha intenzione di svelarli.

Nei prossimi giorni
 

# Foto e video-interviste da Bologna: Andrea Rossi, Sergio Focardi, Christos Stremmenos, Mats Lewan.
# La traduzione del report tecnico preliminare di Mats Lewan (giornalista, NyTeknik)
# La traduzione del report di Christos Stremmenos (chimico fisico) del test del 7 settembre.

Per approfondire
# La fusione fredda su Focus.it

 

Un applauso per Andrea Rossi conclude in tarda serata il test del 6 ottobre a Bologna: l'E-Cat ha continuato a scaldare acqua corrente per tre ore e mezza, staccato dalla corrente, producendo da sé l'energia che gli serviva. È la prova definitiva che l'idea di Rossi funziona?

Interrogati a caldo, i presenti non hanno dubbi o non li lasciano trapelare: una trentina di persone tra scienziati, rappresentanti di aziende e giornalisti provenienti da Svezia, Usa, Cina, Italia. Insieme a loro abbiamo ispezionato a rotazione e per l'intera giornata, in piccoli gruppi, il locale dov'era in funzione la macchina, per verificare ciò che accadeva, controllare grafici e strumenti di misura e parlare con Rossi dei suoi progetti futuri.

Nelle prossime pagine trovate la nostra cronaca di acuni momenti della giornata e le domande che ci siamo fatti i giorni successivi, ripensando a ciò che abbiamo visto, e che ci hanno fatto alcuni scienziati commentando il nostro resoconto.

Per dire la vostra opinione, discutere del test o per inviare le domande a Rossi potete usare il nostro forum sull'E-Cat o la casella di posta focusfusione@gmail.com.

Il sistema è stato poi assemblato e preparato: alla scatola dell'E-Cat (50x60x35 cm circa) sono stati collegati la tubazione dell'acqua di alimentazione (pescata da un bidone aperto e inviata a portata costante nella macchina) e il tubo di uscita del vapore. È quest'ultimo che, passando all'interno di uno scambiatore di calore, doveva scaldare acqua corrente fredda presa da un rubinetto attaccato alla rete idrica. Il flusso d'acqua era misurato da un comune contatore d'acqua. L'acqua in uscita dallo scambiatore era poi scaricata in un tombino: era dunque un circuito aperto, senza accumulo d'acqua.

Uno scambiatore di calore è concettualmente equivalente alla serpentina di un qualunque scaldabagno istantaneo a gas e svolge lo stesso compito: tenere separata l'acqua da riscaldare dalla fonte di calore - che per lo scaldabagno è la fiamma del gas e per l'E-Cat è il vapore.

L'E-Cat, la linea del vapore (un breve tratto di tubo in polietilene che collega l'E-Cat allo scambiatore di calore) e lo scambiatore stesso erano avvolti da materiale isolante per ridurre le dispersioni di calore. L'isolamento dell'E-Cat aveva anche lo scopo di contenere il caldo emesso dalla macchina e che nell'arco della giornata ha alzato di parecchio la temperatura nel piccolo ambiente in cui è avvenuta la prova.

Quanto sono stati collegati e tarati gli strumenti di controllo della reazione e per le misure di radioattività, i termostati per la misura delle temperature e gli amperometri sull'alimentazione elettrica e sul circuito della strumentazione di controllo, l'E-Cat è stato infine "acceso", ossia è stata data corrente (220 V) a una resistenza interna all'E-Cat stesso (2,7 kW, utilizzati in modo graduale e progressivo).



L'avvio della reazione tra il nickel e l'idrogeno (e l'elemento misterioso) e il raggiungimento di uno stato di equilibrio, ossia la prima fase del test, era di durata incerta. L'apparecchio usato era infatti un modulo dichiarato per 27 kW e caricato di nickel e idrogeno per un terzo della sua potenza. Stando alla descrizione fatta da Rossi, il reattore dell'E-Cat è composto da tre camere di reazione: di queste, ne era utilizzata una sola.

LE MISURE La temperatura sulla linea del vapore, appena fuori dall'E-Cat, era registrata automaticamente ogni due secondi. Non erano invece registrate in automatico le misure di corrente, le temperature allo scambiatore di calore e il flusso dell'acqua, che per tutta la giornata sono state lette sugli strumenti e annotate a intervalli di una decina di minuti da Mats Lewan, giornalista della rivista svedese NyTeknik che segue da vicino le vicende dell'E-Cat dal test del 14 gennaio (vedi).

I due link che seguono sono al report tecnico preliminare di Mats Lewan (nei prossimi giorni metteremo online la versione italiana) e al tabulato delle misure automatiche della temperatura del vapore.

Con autosostentamento si intende la capacità dell'E-Cat di mantenere la reazione tra idrogeno e nickel in condizioni di equilibrio senza bisogno di alimentazione esterna, continuando a produrre calore e vapore.

Alle 14:58 Andrea Rossi ha annunciato di essere pronto a togliere corrente all'E-Cat. Nell'arco dell'ora successiva ha però riattivato a tratti l'alimentazione elettrica, ed è questo dare e togliere corrente che è all'origine delle differenze, riportate negli articoli online in questi giorni, sulla durata effettiva dell'autosostentamento.

PERCHÉ QUESTI INTERVALLI? «L'E-Cat non è pensato per funzionare in questo modo: la reazione deve essere stabilizzata e tenuta sotto controllo e per farlo ho bisogno dell'elettricità», spiega Andrea Rossi. Non sono le premesse migliori per un apparecchio domestico e l'ingegnere non ha nessuna difficoltà ad ammetterlo: «Per quel progetto ho ancora del lavoro di sviluppo da fare, ma per adesso il mio obiettivo è la commercializzazione dei moduli assemblati in mini centrali da 1 MW, per qualunque applicazione industriale che richieda vapore in un ambiente controllato e gestito da personale formato.» Rossi sottolinea più volte lo stesso concetto nell'arco della giornata: «Noi facciamo vapore, non elettricità: dal vapore si possono fare sia il caldo sia il freddo. Un giorno avremo turbine adeguate anche a questi flussi di vapore, per fare elettricità, ma per adesso la tecnologia è ancora lontana.»

Alle 15:53 l'alimentazione elettrica è stata definitivamente sospesa ed è stato acceso un generatore di radiofrequenze (esterno all'E-Cat) per il quale Andrea Rossi non ha dato spiegazioni.

Alle 19:25, infine, tre ore e mezza dopo l'interruzione definitiva dell'alimentazione alla resistenza interna all'E-Cat, il test è stato dichiarato concluso e sono iniziate le operazioni per l'arresto della reazione e il raffreddamento dell'E-Cat, indispensabile per la pesa.

E per la sorpresa finale: lo spacchettamento della macchina dal suo isolamento e l'apertura dell'E-Cat stesso.

La pesa dell'E-Cat non ha rivelato nulla e l'aumento di circa 1 kg rispetto alla misura del mattino non è stata finora approfondita ed è probabilmente possibile attribuirla in parte a imprecisioni delle misure e in parte alla presenza di residui d'acqua nell'apparecchio stesso.

Lo spacchettamento ha messo a nudo lo scambiatore di calore, i raccordi, la posizione delle termocoppie... nulla di particolare, tranne l'esibizione del fatto che non ci fosse nulla di particolare, fatto comunque non trascurabile.

E DENTRO L'E-CAT? L'apertura della macchina vera e propria avviene in un clima di palpabile attesa e un po' anche di disappunto per la richiesta fatta all'ultimo momento da Andrea Rossi: «Niente foto né video, per favore.» La foto che vedete qui è presa dal report preliminare di Mats Lewan, ma non è stata scattata la sera: l'immagine riflette ciò che abbiamo poi visto tutti, ma non potrei dire se si tratta della stessa macchina né quando né dove esattamente è stata scattata.

E in ogni caso è proprio tutto ciò che abbiamo visto: le alette di un radiatore. «Sotto al dissipatore c'è il reattore», racconta Rossi, «una mattonella di venti centimetri per venti e un centimetro di spessore.» Non è stato disponibile ad aggiungere altro né a consentire foto perché «da quello che vedete un occhio esperto può dedurre molte informazioni».

Il test è stato valutato per difetto: significa che i risultati sono ancora migliori di quanto risulta dai calcoli

Per circa tre ore e mezza l'E-Cat ha dunque funzionato producendo da sé l'energia che gli serviva. In questo periodo di tempo la temperatura del vapore ha oscillato di poco attorno ai 120 °C, mentre la differenza media di temperatura tra l'acqua in ingresso e quella in uscita dallo scambiatore di calore è stata di 5 °C (tenuto conto di un errore misurato nella taratura del termostato) per una portata di circa 600 litri/ora (la portata dell'acquedotto).

Cinque gradi possono sembrare pochi, ma non è così e sono comunque cinque gradi gratis (o quasi) su acqua corrente per tre ore e mezza. Sulla base dei dati raccolti, Mats Lewan ha stimato in 3 kW la potenza in uscita e in 10,5 kWh l'energia prodotta (vedi il report preliminare in inglese) per un sistema che ha funzionato a un terzo della sua potenza.

Per questo intervallo di tempo, tre ore e mezza, la macchina ha funzionato senza alimentazione e non ci sono stime di rendimento. Il rendimento esprime il rapporto tra il lavoro compiuto e l'energia fornita (ossia tra quanto si ottiene e quanto si è speso): in questo caso si sono ottenuti 10 kWh senza spendere nulla in termini di energia fornita dall'esterno limitatamente al tempo considerato.

La misura delle temperatura sul circuito dell'acqua (il circuito secondario, mentre quello del vapore è il circuito primario) è stata la risposta di Rossi a una contestazione importante che gli è stata fatta nei mesi scorsi, quando la temperatura usata per i calcoli energetici era quella di uscita del vapore. La differenza tra due temperature serve a calcolare l'energia spesa per passare dalla temperatura inferiore a quella superiore: il calcolo cambia se applicato all'acqua liquida o al vapore secco, ma dà comunque risultati certi. Non è così, invece, nel caso di vapore umido (una miscela di acqua e vapore), soprattutto in test formalmente poco rigorosi come quelli condotti finora da Rossi.

I calcoli fatti sulla misura delle temperature sul circuito secondario sono di fatto "conservativi": significa che l'intero test è stato valutato per difetto, trascurando le perdite di calore tra l'E-Cat e lo scambiatore e l'efficienza dello scambiatore stesso.

Infine, è la prima volta che un E-Cat ha funzionato in autosostentamento per un periodo così lungo, almeno in pubblico.

Tutto ciò dovrebbe portarci alla conclusione che l'idea di Rossi funziona e che funziona anche se la scienza fatica ad accettarla o, più semplicemente, anche se la "ragione" si ostina a pensare che nulla si ottiene gratis. Ci sono però sempre le domande del giorno dopo.

A che cosa serve il generatore di radiofrequenze?

Puntuali, arrivano sempre le domande del giorno dopo. La più facile: perché Rossi non ha usato un sistema automatico per la registrazione di tutte le misure? Ci sarebbe stata la certezza di ciò che accadeva nel locale del test, istante per istante.

Un'altra: perché non misurare le temperature anche all'interno dell'E-Cat? Avrebbero potuto rivelare eventuali variazioni di potenza all'interno del sistema.

Un'altra ancora: perché limitare a tre ore la durata dell'autosostemntamento? Perché non spingerla a 30, o a 300? In effetti, anche "solo" 24 ore basterebbero a sciogliere tutte le riserve possibili sulla natura di ciò che accade dentro all'E-Cat.

E un'altra: a che cosa serve il generatore di radiofrequenze, mai apparso prima, aggiunto nel locale del test solo quando l'E-Cat è passato in autosostentamento (e poi tolto prima dell'ispezione finale)? Sappiamo per certa una sola cosa: è già fonte di spiacevoli speculazioni.

Altre domande ancora stanno arrivando in redazione dai tanti che hanno seguito a distanza il test: ad alcuni risponderà Andrea Rossi, ad altri risponderanno forse gli studi sull'E-Cat previsti all'Università di Bologna (che tuttavia non si sa quando inizieranno).

Per dire la vostra opinione, discutere del test o per inviare le domande a Rossi potete usare il nostro forum sull'E-Cat o la casella di posta focusfusione@gmail.com.

NEI PROSSIMI GIORNI
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9 ottobre 2011 Raymond Zreick
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