Un sorso d'acqua, una camomilla, un bicchiere di latte... poco prima di andare a dormire molti hanno l'abitudine di bere, anche se a cena si sono idratati a sufficienza.
Uno studio canadese pubblicato su Nature, e condotto finora soltanto sui topi, sembra suggerire che dietro questo comportamento ci sia lo zampino dell'orologio biologico. I nostri ritmi circadiani stimolerebbero preventivamente i neuroni della sete per prevenire un'eventuale, successiva disidratazione nelle ore notturne.
La premessa. I ricercatori della McGill University di Montréal sapevano da precedenti studi che i topi aumentano la quantità di liquidi assunti prima del riposo notturno, anche se non hanno realmente bisogno di bere.
Per capire il motivo di questa abitudine, comune anche nell'uomo, hanno per prima cosa limitato l'accesso all'acqua ai roditori. La mattina seguente, li hanno trovati un po' disidratati: la prova che bere prima della notte è necessario per prevenire la disidratazione nelle ore in cui si è inerti, e che deve esserci un meccanismo biologico che induca la sete prima del sonno, anche se il corpo è già idratato a sufficienza.
Messaggero chimico. I ricercatori hanno quindi ipotizzato che il nucleo soprachiasmatico, un gruppo di neuroni dell'ipotalamo responsabile della regolazione dei ritmi circadiani, sia in grado di comunicare con i neuroni della sete attraverso la vasopressina, un neurotrasmettitore che mantiene costante il volume della parte liquida del sangue.
La prova definitiva. Usando cellule sentinella che si "accendono" in contatto con specifici neurotrasmettitori - in questo caso con la vasopressina - il team ha verificato che, quando il nucleo soprachiasmatico è stimolato elettricamente, la vasopressina viene rilasciata in grandi quantità. Ulteriori ricerche hanno stabilito che è la vasopressina ad attivare i neuroni della sete, spingendo i topi a idratarsi prima di dormire.
Se non funziona bene. L'orologio biologico è dunque in grado di prevedere quando inizierà il sonno e di spingere il cervello ad attrezzarsi per fare incetta di liquidi, ed evitare la disidratazione nelle ore notturne. Se anche nell'uomo funzionasse così, la ricerca avrebbe implicazioni importanti nello studio dei disturbi dei ritmi circadiani, per esempio in quelli dovuti al jet lag.