Psicologia

Le donne sono più brave a vedere volti dove non ci sono

Le donne sono più soggette alla pareidolia. Hanno reazioni più intense degli uomini nei confronti di informazioni sociali e mostrano maggiore interesse verso le persone piuttosto che verso le cose.

A chi non è capitato di "vedere" un volto guardando il profilo di una montagna, di una nuvola o di una scogliera lavorata dal vento? Le donne, pare, sono però molto più brave degli uomini nel trovare o riconoscere sembianze umane nelle forme della natura, a dimostrazione - affermano gli autori di questa curiosa ricerca - di quanto il cervello femminile sia più incline di quello maschile ad antropomorfizzare e a rendere forme indistinte più simili a quelle umane.

Il lavoro, pubblicato dopo revisione su Social Cognitive and Affective Neuroscience, è stato condotto da un gruppo di ricerca dell'Università di Milano-Bicocca coordinato da Alice Mado Proverbio e Jessica Galli. Il test ha coinvolto soggetti maschi e femmine, a cui sono state fatte osservare le stesse immagini (volti, oggetti qualunque, oggetti che richiamano volti, animali) misurando la risposta del cervello alla percezione degli stimoli visivi.

Una parola difficile. Il fenomeno per il quale tendiamo a dare una forma nota a forme casuali si chiama pareidolia: è in realtà una illusione, frutto della predisposizione del cervello umano a ricondurre a profili noti e familiari (in particolare figure e volti umani) oggetti e forme sconosciute.

Un esempio di cui si è parlato molto, e recentemente, è quello di un rilievo fotografato da una sonda su Marte: un gioco di ombre nel quale era facile riconoscere sembianze umane.

Il cervello umano è uno scrigno di misteri e complessità. Per il riconoscimento dello schema facciale si attivano determinati gruppi di neuroni, e la prima elaborazione avviene nella parte posteriore del cervello dopo soli 170 millisecondi: in questa fase, maschi e femmine rispondono in modo molto simile.

pareidolia: il cervello di uomini e donne risponde in modo diverso agli stessi stimoli visivi
In alto: Il grafico della risposta media di uomini e donne nello studio che ha misurato la tendenza a riconoscere forme umane in oggetti qualunque. In basso: la differente risposta del cervello di uomini e donne agli stessi stimoli visivi (clic sulla foto per ingrandirla). © Bicocca ERP Lab

Immediatamente dopo, però, attorno ai 190 millisecondi, quando l'informazione viene inviata alle zone anteriori dell'encefalo, la differenza è netta: nelle donne si manifesta una risposta molto simile a quella che si ha per un vero volto e si attiva il cervello sociale, la parte con cui ci si relaziona con gli altri. Si attivano quindi l'emisfero destro, il giro temporale superiore, la corteccia orbito-frontale e cingolata, che delinea un'emozione in ciò che si vede: negli uomini ciò accade in modo meno marcato.

Lo studio. La sperimentazione si è avvalsa della partecipazione di 26 studenti universitari, 13 maschi e 13 femmine, ai quali è stato chiesto di premere più rapidamente un tasto quando vedevano fotografie di animali, che costituivano il 12 per cento delle immagini mostrate.

Le misure della risposta del cervello sono state prese grazie a una speciale cuffia con 128 elettrodi: sottoposti a stimolazione sensoriale, i neuroni comunicano fra loro producendo un segnale bio-elettrico che varia in funzione delle caratteristiche delle persone (anche di fronte agli stessi) e può essere misurato.

Gli studenti, ignari dello scopo della ricerca, dovevano stabilire se le immagini ritraessero visi umani, oggetti che ricordavano volti oppure oggetti privi di qualsiasi relazione con uno schema facciale, categoria nella quale le donne hanno trovato "oggetti con un volto umano" più spesso degli uomini.

«Già in altri studi il cervello femminile aveva evidenziato reazioni più marcate nei confronti di informazioni sociali come il pianto o il riso dei bambini, le espressioni facciali, la mimica corporea e le interazioni sociali, dimostrando un maggiore interesse verso le persone piuttosto che verso oggetti o paesaggi», – spiega la professoressa Alice Mado Proverbio. «In questo studio viene anche svelato il meccanismo con cui il nostro cervello "attribuisce un'anima" a oggetti altrimenti inerti, ovvero li antropomorfizza conferendo loro motivazioni, emozioni e intenzioni, con il coinvolgimento di parti del cosiddetto "cervello sociale"».

18 maggio 2016 Luigi Bignami
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