La frase significa subire una grave umiliazione o una prova mortificante. Il modo di dire risale addirittura all’antica Roma, e precisamente alla Seconda guerra sannitica, nel 321 a.C..
Questa è la storia. Osservando dalle loro fortezze gli spostamenti delle legioni romane, i Sanniti riuscirono a intrappolare ben 20 mila soldati dentro alla gola di Caudio (tra le odierne province di Napoli, Benevento e Avellino). Con massi e alberi divelti chiusero gli unici due ingressi della vallata e sbarrarono ogni via di fuga ai nemici.
Alla berlina. Quando di notte i Romani si videro circondati dalle fiaccole sannite, capirono che rimaneva solo la resa. A sorpresa, però, dopo essere passati, disarmati e forse nudi, sotto un giogo (le “forche”), i prigionieri furono rilasciati. Perché? Secondo fonti antiche, affinché la mortificazione lasciasse un segno nel loro animo. Ma per gli storici moderni, i Sanniti volevano evitare l’insurrezione delle altre genti latine di fronte a un massacro.
Ecco il racconto dello storico Livio (Storie, IX, 5): «E venne l’ora fatale dell’ignominia; (...) prima i consoli, quasi nudi, furono fatti passare sotto il giogo; poi gli altri in ordine e grado furono sottoposti alla stessa ignominia; infine ad una ad una tutte le legioni».
Correzione del 25 febbraio 2016
Una versione precedente di questa Domanda & Risposta stabiliva che la pena dei romani fu anche fisica e che i soldati - consoli in testa - furono sodomizzati. Il che non è vero. Le cronache dell'epoca non riportano questo particolare.