Natura

I limiti dello sviluppo: quarant'anni dopo

Da uno degli autori del celebre studio degli Anni '70, il nuovo punto della situazione sul "sistema Terra": risorse, ambiente, economia. E prospettive, per i prossimi quarant'anni.

Nel 1972 uscì un libro considerato da alcuni profetico, da altri catastrofista. Il titolo italiano era I limiti dello sviluppo, traduzione del volume The limits to growth, un rapporto al Club di Roma, un'associazione di industriali, scienziati e giornalisti che commissionò il libro agli autori (i coniugi Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III). Basandosi su (primitive, al tempo) simulazioni al computer, il libro raccontava lo stato del pianeta e delle risorse, della popolazione umana e dei sistemi naturali. Non era un libro di previsioni, ma solo di idee, suggerimenti e allarmi su come affrontare i problemi che, presumibilmente, si sarebbe trovato di fronte il nostro pianeta nel giro di pochi anni. «Badate», dicevano gli autori, «che il pianeta è limitato, e lo sviluppo economico e soprattutto sociale non può proseguire molto a lungo senza andare a scontrarsi con i confini fisici del pianeta.» Il libro diede il via a una serie di altre analisi della situazione della Terra basate su "mondi" costruiti al computer, via via più sofisticati.

Parecchie altre opere hanno esaminato lo stato del pianeta (a partire dall'annuale State of the world, edito dal Worldwatch Institute). E molti altri volumi hanno scrutato nel lavoro originale per vedere quanto le analisi fossero corrette, come I nuovi limiti dello sviluppo, scritto da alcuni degli autori del volume originale. All'andamento delle risorse e della popolazione si sono aggiunti i dati che riguardavano soprattutto il cambiamento climatico e le modifiche della superficie planetaria. Quarant'anni dopo si può dire che gran parte delle idee del profetico volume siano ancora vive. L'ultima analisi su questo tema, che guarda avanti di altri quarant'anni, si intitola 2052, scenari globali per i prossimi quarant'anni (Edizioni Ambiente).

I sistemi analizzati

# la crescita economica
# la democrazia
# l'equità intergenerazionale
# il clima globale

A differenza dei Limiti dello sviluppo, questo nuovo lavoro azzarda previsioni per il futuro dell'umanità per i prossimi quarant'anni; sono una serie di saggi basati su estrapolazioni di quanto è accaduto finora, su probabili scenari futuri e sulle analisi di una serie di sistemi e soprattutto le loro interazioni. Per arrivare infine a quella che molti ritengono la soluzione al problema della convivenza del pianeta con l'uomo, cioè la sostenibilità ambientale: ossia la possibilità di usare le risorse della Terra in modo che anche le prossime generazioni possano goderne.

Le due visioni del mondo

# non si può crescere all'infinito, il pianeta non ha risorse sufficienti

# scienza e tecnologia troveranno sempre il modo per farci crescere all'infinito

Come nel lavoro del 1972 (e in tutti gli altri libri, articoli e discussioni che hanno animato gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso), le analisi che prendono in esame la crescita partono da due punti di vista diametralmente opposti. Da una parte chi afferma l'impossibilità della crescita infinita, perché le risorse del pianeta (specie i combustibili fossili) sono limitate; dall'altra chi dice che la tecnologia troverà i mezzi per ovviare alla mancanza di risorse, come ha sempre fatto. I dati dicono però che se anche solo gli abitanti dell'Asia dovessero raggiungere lo standard degli statunitensi, non basterebbero tre pianeti per mantenere l'umanità.

L'autore di 2052 ha un approccio critico alla crescita infinita e afferma che la crescita economica non può proseguire come è accaduto negli ultimi decenni, a causa dell'inerzia del sistema e delle idee degli economisti e dei politici: a livello globale non rallenterà ancora per qualche hanno, ma sarà molto più lenta di quanto non sia stata prima della crisi. Dagli anni '70 del secolo scorso la produttività e il numero di lavoratori è aumentato, trascinando con sé una crescita mondiale del 3,5% l'anno. Nel mondo sviluppato però la popolazione e quindi la forza lavoro non aumenta più, e di conseguenza la crescita economica rallenterà. Con indubbi svantaggi per una parte della popolazione e vantaggi per l'ambiente.

Il grafico qui sopra illustra il contesto nel quale Randers sviluppa il suo discorso: in questo scenario sono inclusi la crescita della popolazione (1), la produzione alimentare (2), la produzione industriale (3), il livello di inquinamento (4) e le risorse non rinnovabili (5)

La democrazia è il sistema di governo adatto per risolvere i problemi dell'ambiente?

I sistemi democratici sono gli unici in grado di assicurare giustizia e distribuzione equa delle ricchezze. Purtroppo, secondo Randers, la democrazia risponde troppo agli interessi a breve termine dell'intera popolazione e contemporaneamente ha un sistema decisionale troppo lento per rispondere alle esigenze ambientali. Decidere di non decidere, o decidere di cedere alle spinte di chi ritiene le scelte volte al futuro troppo azzardate è, secondo Randers, il metodo meno "costoso" di fare politica.



Un altro problema sono i trattati internazionali, che non sono mai riusciti (come si vede nel caso del clima o della protezione della biodiversità) a risolvere i problemi globali del pianeta. Inoltre la maggior parte delle democrazie sono in paesi capitalistici; e il capitalismo stesso tende a utilizzare le risorse finanziarie per le soluzioni più semplici. L'approccio definito business as usual (proseguire come se non ci fossero problemi) è incapace di offrire uno sviluppo sostenibile. Ora invece sono necessarie soluzioni più costose, ma che guardano al futuro, e meno inquinanti. In breve, il capitalismo è incapace di risolvere i problemi ambientali e il sistema democratico si affida solo al sistema capitalistico. La transizione potrebbe dunque partire da una nazione non democratica, come la Cina, in cui le politiche con approccio ambientale sono decise e imposte dall'alto.

A differenza di quanto è accaduto finora, le prossime generazioni affronteranno un pianeta con un "peso ambientale" elevato, con un debito nazionale più alto e con una crescente disoccupazione. Per questo i prossimi decenni vedranno le generazioni più giovani in grosse difficoltà; sia perché vivranno (se le cose procedono come ora) in un mondo più inquinato, sia perché dovranno pagare alle generazioni precedenti le pensioni che loro stesse si sono stabilite.

I cambiamenti climatici sono irreversibili? Due scienziati spiegano che il global warming è ormai irreversibile, ma anche che i suoi effetti sono ancora contenibili. A patto di agire.

Nonostante le voci degli scettici, tutti i climatologi sono d'accordo che la temperatura globale del pianeta è in aumento, e che se non si penderanno provvedimenti immediati si avranno nel 2052 2 °C in più, per arrivare ai 4 °C nel 2100. Le conseguenze di questo aumento di temperatura sono note da anni, dallo spostamento delle zone climatiche allo sconvolgimento dei regimi pluviometrici alla perdita di vaste aree di terre coltivate e di foreste.

L'aumento di CO2 in atmosfera porterà inoltre a una ancora maggiore acidificazione dei mari (vedi), con conseguente perdita di vaste popolazioni di crostacei e la scomparsa delle barriere coralline, grazie alle quali sopravvivono decine di milioni di persone. In generale, molti ecosistemi terrestri non saranno in grado di adattarsi alle mutate condizioni climatiche. Gli accordi internazionali tendono a stabilire in 2 °C l'aumento massimo che il mondo può sopportare, mantenendo la concentrazione della CO2 in atmosfera al di sotto delle 450 parti per milione (ppm). Purtroppo, fa notare Randers, per arrivare al valore "ideale" le misure devono essere prese adesso o nel giro di pochi anni.

Come si esce da questo impasse climatico ed economico? Randers ha qualche suggerimento; alcuni devono essere messi in atto nel giro di pochi anni, altri necessitano di una mutazione globale anche della politica. Il sistema Terra infatti secondo l'autore, e altri esperti, non può sopportare a lungo il sovrasfruttamento delle risorse. Già adesso gran parte delle grandi zone da pesca sono quasi totalmente prive di pesce, una risorsa che veniva considerata inesauribile fino a un secolo fa. Le soluzioni echeggiano quello che si diceva negli anni Settanta/Ottanta, in parte, ma questa volta il senso di urgenza è superiore. Le proposte di Randers sono a volte fattibili anche nel futuro prossimo, a volte sembrano troppo utopistiche e lontane nel tempo.

Tra le proposte importante e realizzabili, che anzi si stanno verificando in molte nazioni, ci sono:

1. Diminuire (ancora) la crescita della popolazione. Specialmente nel cosiddetto primo mondo, dove i bambini hanno un impatto sul pianeta molto maggiore di quello dei nuovi nati del Terzo Mondo. Già adesso molte nazioni hanno una crescita zero o negativa, e l'Italia è tra queste, ma anche altre devono aggiungersi fino ad avere un picco di popolazione e cominciare il declino. La bassa crescita si ottiene quasi automaticamente con la maggiore urbanizzazione e l'educazione femminile.

2. Ridurre l'impronta ecologica. I primi provvedimenti sarebbero quelli di diminuire o addirittura abolire l'uso dei combustibili fossili, dal carbone al petrolio al metano, perché hanno un grosso impatto sul clima del pianeta. Questo però significherebbe anche far capire alle democrazie che un rallentamento della crescita adesso significa un mondo più giusto e pulito per le prossime generazioni.

Una proposta che, nonostante l'indubbia utilità, fa fatica a realizzarsi riguarda la produzione di energia:

3. Aiutare i Paesi non sviluppati a fare una transizione verso le energia pulite. I Paesi sviluppati dovrebbero spingere anche finanziariamente la transizione verso energie pulite nei Paesi in via di sviluppo. In questo modo la maggior parte delle nazioni salterebbero la fase dell'energia a basso costo (ma ad alto impatto ambientale) ottenuta dai combustibili fossili, anche se la transizione sarebbe costosa per i Paesi del Primo Mondo. Nonostante la spinta verso le energie pulite, però, alcune nazioni in rapida industrializzazione come la Cina non rinunciano al carbone e al nucleare.

Altre prospettive sembrano invece molto utopistiche e necessitano di cambiare la politica internazionale. Non si sa quanto siano realistiche.

4. Cercare di ridurre gli interessi a breve termine. Temperare le esigenze delle democrazie e del capitalismo con il futuro delle prossime generazioni è probabilmente la sfida più grande, perché va contro all'attitudine umana più radicata, quella del guadagno a breve termine. Secondo Randers, l'unico sistema per superarla è la creazione di autorità sovranazionali con la capacità di imporre scelte rapide e a volte dolorose, un po' come le banche centrali o il Fondo monetario internazionale impongono obiettivi specifici per il risanamento dei bilanci delle singole nazioni. I problemi sarebbero risolti non più dalla democrazia e del mercato, ma da un istituto centrale sovranazionale.

5. Stabilire nuovi obiettivi per le società ricche. In un mondo in cui la crescita dev'essere rallentata, il benessere delle società avanzate non deve essere più rappresentato solo dalla ricchezza in sé. Far cioè comprendere alle società più ricche che un aumento della ricchezza non rappresenta un aumento del benessere.

22 aprile 2013 Marco Ferrari
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