Ecologia

La seconda vita dell'alluminio

Riciclare alluminio fa bene all'ambiente e all'economia, e in questo l'Italia è bravissima: è prima in Europa e terza nel mondo per capacità di recupero di questo metallo che diventa poi automobili, caffettiere, occhiali, biciclette...

L'alluminio, come tutti i materiali metallici è facilmente riciclabile per fusione e, mentre nel caso degli altri metalli il recupero è importante, per l'alluminio questa pratica è fondamentale perché riciclabile all'infinito, al 100% e con l'utilizzo del solo 5% di energia elettrica necessaria per la produzione di quello primario.

Alcuni oggetti realizzati in alluminio secondario.

I numeri del risparmio sono notevoli: se per produrre 1 kg di alluminio primario servono 15 kWh, per l'alluminio secondario ne bastano 0,75, con la conseguenza che sempre più oggetti di uso comune sono realizzati con materiale riciclato. È il caso dell'industria automobilistica, dove il 90% dell'alluminio utilizzato per produrre i cerchioni è riciclato, così come il 30% di quello utilizzato nella realizzazione di pistoni e cilindri e il 40% di quello impiegato per la struttura complessiva dell'auto.

Per altri oggetti le percentuali sono ancora maggiori: le caffettiere prodotte in Italia sono ormai fatte al 100% di alluminio riciclato, mentre per le pentole siamo al 90% (vedi anche il documento in pdf del CiAl, il Consorzio imballaggi in alluminio).

Il caso della linguetta. Introdotte sul finire degli anni Cinquanta, le lattine per bibite sono gli oggetti in alluminio più riconoscibili nonostante i numerosi interventi di restyling subiti negli anni, come il passaggio dall'apertura a strappo a quella a pressione, avvenuta nel 1978.

L'apertura delle lattine: easy open (a sinistra) e stay-on tab.

Sino a quella data l'apertura delle lattine utilizzava il sistema easy open (foto sopra), ossia con lo strappo della linguetta verso l'alto, che nella pratica significava la dispersione nell'ambiente delle lamine. Per ovviare al problema e recuperare anche quella frazione di alluminio, dal 1978 è in uso il sistema di apertura stay-on tab, quello in cui la linguetta rimane attaccata alla lattina. Questa modalità, che in Italia è stata introdotta solo alla fine degli anni Novanta, ha reso necessario utilizzare tre diverse leghe di alluminio, per corpo, coperchio e apertura, così da avere un materiale abbastanza cedevole da rompersi, piegarsi e rimanere agganciato alla lattina.

Oggi le lattine sono fondamentali nel riciclo dell'alluminio: ne servono 3 per realizzare una montatura per occhiali, 37 per una caffettiera, 130 per un monopattino, 800 per una bicicletta.

Il ruolo dell'energia. Fino alla seconda metà dell'Ottocento, quando si sono trovati nuovi giacimenti e, soprattutto, metodi nuovi e relativamente convenienti per la produzione di alluminio primario, questo metallo era considerato semi prezioso, ricercato e pagato quanto l'argento. Ancora oggi per ottenere una tonnellata di primario sono necessarie 4 tonnellate di bauxite, ma nel corso del Novecento i progressi della tecnologia hanno comunque abbattuto del 90% il prezzo del minerale.

Miniera di bauxite, Guyana 1968.

Per contro sono cresciuti i prezzi dell'energia: un problema serio per l'Italia (grande importatore di energia), che in parte spiega la crisi della siderurgia e casi come quello dell'Alcoa, in Sardegna.

La complessità della lavorazione e il prezzo dell'energia sono dunque i due fattori che rendono fondamentale il riciclo dell'alluminio, sia per l'economia sia per l'ambiente.

In questo l'Italia è davvero brava: col 70% tra quota di riciclo e quota avviata al recupero energetico (ai termovalorizzatori) rispetto al fabbisogno industriale, il nostro Paese ha evitato emissioni per 370.000 tonnellate di CO2 equivalente e risparmiato energia pari a 160.000 tonnellate di di petrolio equivalente (dati CiAl 2013). E con 870.000 tonnellate di rottami riciclati si attesta al primo posto in Europa e al terzo nel mondo, dopo Stati Uniti e Cina, per capacità di recupero di alluminio secondario. Un risultato da mantenere con il contributo di tutti noi.

15 gennaio 2015 Debora Serra
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